Il Gip del tribunale di Milano ha convalidato l’arresto e la misura cautelare in carcere, di Aleksander Mateusz Chomiak. Il 24enne polacco arrestato nelle stazione centrale di Milano è indagato per il tentato omicidio della 24enne israeliana avvenuto la sera del 31 dicembre nello scalo ferroviario della Capitale. Il giovane nel corso dell’udienza di convalida che si è tenuta nel carcere di San Vittore, il pm aveva chiesto, oltre alla convalida dell’arresto, anche la misura della detenzione in carcere, ipotizzando il rischio di fuga e della reiterazione del reato. Chomiak resterà in carcere a Milano.
Ha dato una versione “inverosimile” quando ha affermato che il giovane ripreso dai video di sorveglianza era “un ‘altra persona” e anche quando ha aggiunto di “non ricordare” se la sera del 31 dicembre fosse “passato” alla Stazione Termini di Roma. Il gip di Milano Natalia Imarisio, non ha creduto al racconto di Aleksander Mateusz Chomiak.
Il giudice, che ha convalidato il fermo e ha accolto la richiesta del pm Enrico Pavone della misura cautelare del carcere, dopo averlo interrogato, anche sulla base di fotogrammi “di assoluta chiarezza”, non ha avuto dubbi: “il compendio indiziario” a carico del 24enne, è “possente ed univoco”. In più, ha osservato il magistrato in base alla ricostruzione degli investigatori, avrebbe dimostrato inclinazione “alla violenza” e una “inquietante spregiudicatezza, non solo nella scelta della vittima – una giovane donna sola – ma anche nella commissione del fatto in un luogo pubblico e certamente presidiato da sistemi di videosorveglianza, oltre che da controlli diretti delle forze dell’ordine”.
Secondo il provvedimento, dimostrare le “criminogene condizioni di vita” del giovane clochard, da circa “sette-otto mesi” in Italia, ci sono poi “i furti” talvolta commessi per “procurarsi da mangiare” come quello da lui “ammesso” in un bar romano lo scorso 27 dicembre e per il quale era stato già identificato. E poi, a far ritenere che possa commettere “altri gravi delitti” come quello per cui ha quasi ucciso una sua coetanea, ci sono i due coltelli da cucina – uno dei quali ha detto “tranquillamente” di “avere rubato” perché un altro “non era abbastanza tagliente da affettare cibi ed aprire” scatole e un taglierino sequestrati al momento del fermo: erano nascosti o nelle tasche della felpa che indossava o in uno dei due sacchetti con dentro della spesa che il giovane aveva con sé. In particolare, su questo secondo coltello, “avvolto in un foglio di carta e custodito all’interno di una confezione di barrette energetiche”, sono state rinvenute “tracce apparentemente ematiche di colore rosso”. Le tre armi verranno ora analizzate per verificare se si tratta di sangue e per cercare di individuare se ci sia il Dna della vittima. O invece se, come lui stesso ha affermato, gli servivano solo “per mangiare”.
Questi e altri accertamenti, come il suo stato di salute mentale, verranno effettuati dagli investigatori romani in quanto la gip Imarisio, dopo aver provveduto, si è dichiarata incompetente e ha mandato gli atti al pm Pavone affinché li trasmetta ai colleghi della Procura capitolina. A riconoscere Chomiak come l’aggressore di Roma sono stati due carabinieri, Filippo Consoli e Nicoletta Piccoli, marito e moglie liberi dal servizio. Saliti su un treno che dalla Stazione Centrale di Milano stava per partire per Brescia, l’hanno notato per la “fortissima somiglianza” e gli stessi indumenti indossati dall’accoltellatore ripreso dalle immagini diffuse alle forze dell’ordine di tutta Italia. E lui, a riprova della sua “lucidità” dopo essersi accorto che si stava mettendo male, è sceso “rapidamente” dal vagone nella speranza di poter sfuggire.
Invece ora si trova in cella con un’accusa pesante mentre la sua vittima, una ragazza che mai aveva visto prima e che ha colpito tre volte senza aver spiegato il perché, sta meglio ma è ancora ricoverata al Policlinico Umberto I. La madre, alla notizia dell’arresto del senzatetto, si è limitata a dire “è la fine di un incubo”.