A Roma c’è sempre più “puzza di bruciato”. La cronaca della Capitale racconta di due incendi avvenuti in un momento delicato della città: quello in cui si decide un nuovo governo cittadino. Le fiamme sono divampate nella notte di venerdì scorso, sul ponte dell’Industria, alla chiusura della campagna elettorale, e sempre di notte, quella appena trascorsa, nel deposito Atac di via Prenestina, devastando 26 autobus, mentre era in corso lo spoglio elettorale. Due episodi collegati al momento, solo dal danno arrecato alla mobilità capitolina; il primo, il ponte di Ferro, come viene solitamente chiamata la struttura che collega due importanti e popolosi quartieri quali Portuense e Ostiense divisi dal Tevere, e il secondo, i 26 mezzi pubblici.
In entrambi i casi serviranno mesi per rendere nuovamente percorribile il ponte, e mesi per integrare la perdita dei pullman con altri mezzi. Se la vicenda del ponte sembrerebbe più facile ricondurre ad un caso accidentale – corto circuito o anche una fiamma libera sfuggita al controllo di uno dei senzatetto che vi viveva sotto; più difficile è credere all’accidentalità di un incendio che, nato da una scintilla di un corto circuito, possa essersi propagato in pochi minuti, da un autobus ad un altro per 26 volte, nella sede storica dell’azienda dei trasporti pubblici di Roma. Tutto questo, in due notti particolari per la città.
Certo è che il caso spiega tutto, a volte, ma la procura ha aperto un fascicolo di indagine per ciascun incendio. Ma di fascicoli, e in particolar modo su Atac, la magistratura inquirente capitolina ne ha già aperti diversi. Oltre all’indagine sull’incendio degli autobus nel deposito Atac di Grotta Rossa del 20 agosto quando bruciarono “solamente” tre mezzi, prosegue anche l’inchiesta sulla frequenza con cui gli autobus Atac prendono fuoco mentre sono in servizio. Insomma, se a Roma i vigili del fuoco hanno domato le fiamme, la puzza di bruciato resta.