Il sistema Roma ancora una volta è sotto accusa. A quasi cinque anni dall’inchiesta Mafia Capitale e a 9 mesi dalla prima parte dell’indagine condotta dalla Procura di Roma sul progetto dello stadio a Tor di Valle, ancora una volta la politica capitolina fa i conti col cancro della corruzione, questa volta svelando un presunto patto con alcuni importanti costruttori capitolini. Ancora una volta il Campidoglio è ferito da arresti e indagini che toccano le stanze più importanti del potere.
E per la Raggi è tempo nuovamente di serrare le fila. “Vado avanti, avanti per la legalità”, dice a botta calda, dopo avere incassato l’arresto di un altro tassello importante dello scacchiere capitolino. “In Campidoglio non c’è spazio per chi immagina di poter tornare al passato e contaminare il nostro lavoro”, dice ancora durissima “promettendo nessun sconto a chi ha sbagliato”.
Il passato recente, quel 13 giugno di un anno fa, la prima tranche dell’indagine fu un vero ciclone: il futuro stadio della As Roma, unica grande opera della Giunta Raggi, vide arresti eccellenti, tra i quali, il costruttore Luca Parnasi, l’ex assessore del governatore dem Nicola Zingaretti, Michele Civita, il vicepresidente della Pisana, il forzista Adriano Palozzi e l’avvocato Luca Lanzalone, consulente per il Comune a 5 Stelle per lo stadio e poi nominato presidente Acea. Arresti che fecero emergere le ingerenze sul mondo politico per costruire a tutti i costi quello stadio.
Un film di presunto malaffare che il colle Capitolino aveva già vissuto con l’inchiesta Mafia Capitale, iniziata nel dicembre 2015, che terremotò la giunta di centrosinistra di Ignazio Marino logorandola e portandola lentamente a sgretolarsi. Un’inchiesta, quella di Mafia Capitale, con 37 arresti, tra cui l’ex Nar Massimo Carminati, e circa 100 indagati tra cui l’ex sindaco Gianni Alemanno.
In quel “Mondo di mezzo”, come lo chiamarono gli inquirenti, venivano gestiti gli affari opachi, dagli appalti alla gestione dei dai campi nomadi e dei migranti, dalla manutenzione del verde pubblico fino ai rifiuti. Tra gli allora big arrestati l’ex amministratore dell’Ente Eur Riccardo Mancini e dell’Ama, entrambi uomini vicini ad Alemanno e l’ex capo di gabinetto del sindaco Veltroni, Luca Odevaine.
Così come per lo stadio, anche per Mafia Capitale fu però la seconda ondata di arresti, ben 44, a giugno dello stesso anno, a far capire ancora di più la portata dello scandalo: scattarono manette bipartisan a politici che avevano abbandonato la cura della “res pubblica” per dedicarsi a dei lucrosi affari di immigrati. Tra gli arrestati il capogruppo regionale di Fi Luca Gramazio, il presidente del Consiglio Comunale di Roma Mirko Coratti (Pd) e l’assessore capitolino Daniele Ozzimo (Pd). L’onda lunga dell’inchiesta travolse anche il sindaco-chirurgo dem Ignazio Marino, che, venne di fatto cacciato dai 27 consiglieri del Pd che si dimisero davanti ad un notaio. Non sarà questo il destino della Raggi, sempre difesa dal MoVimento. Ad essere scaricato subito è stato De Vito, cacciato da M5S e dal Campidoglio. (fonte Ansa).