Sentenza appello per tragedia di Rigopiano, 22 assoluzioni e 8 condanne

Pena di un anno e 8 mesi per Provolo, l'ex prefetto di Pescara, assolto in primo grado

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Otto condanne e 22 assoluzioni: è il verdetto della Corte d’Appello dell’Aquila per la tragedia di Rigopiano. I giudici hanno confermato le condanne inflitte in primo grado per il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, per i dirigenti della Provincia Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio, per il tecnico Giuseppe Gatto e per l’ex gestore dell’hotel Bruno Di Tommaso. Oltre all’ex prefetto Provolo, che dovrà scontare una pena di un anno e otto mesi per falso e omissioni di atti d’ufficio, sono stati condannati Leonardo Bianco, ex capo di gabinetto della Prefettura, e Enrico Colangeli, tecnico comunale di Farindola.

La Corte d’Appello quindi ha individuato negli amministratori locali che hanno dato i permessi di costruzione dell’albergo e il sindaco che doveva impedire l’ascesa dei turisti – e anzi doveva sgomberare il lussuoso resort – come i principali responsabili delle 29 morti, assieme ai dirigenti della provincia addetti alla viabilità e alla gestione dei mezzi di soccorso. Ha determinato insomma che la tragedia è principalmente una fatto legato alla gestione del territorio in quel drammatico frangente, escludendo quindi ogni responsabilità sulla mancata realizzazione da parte della Regione della Carta Valanghe o la scossa di terremoto che ci fu quella mattina. Ne sono così usciti l’ex presidente della Provincia Antonio Di Marco, per non aver commesso nessuno degli addebiti, e tutti i dirigenti regionali. I due funzionari della Prefettura sono stati poi puniti per aver mentito o ritardato alcune funzioni. La sentenza ha lasciato l’amaro in bocca ai familiari delle vittime. “Tutte le allerte valanga sono state ignorate. Con questa sentenza muore la prevenzione in Italia. Che la facciamo a fare?”, ha detto Egidio Bonifazi, padre di Emanuele, 31enne addetto alla reception dell’hotel Rigopiano. “Ho provato molta confusione. Non hanno reso giustizia. Sono molto amareggiato perché non sono stati puniti i maggiori responsabili”.

“Ci aspettavamo di più, sicuramente la condanna della Regione e della Provincia”, ha detto invece papà Feniello, al quale prima dissero che il figlio era tra i sopravvissuti e poi furono costretti ad ammettere l’errore. “C’erano fatti che gridavano vendetta – ha aggiunto l’avvocato Giovanni Ranalli, che ha assistito i familiari di Alessandro Riccetti – come il non avere agito, nonostante le segnalazioni giunte tre giorni prima, ed anzi avere finto di avere fatto il proprio dovere, cercando poi di nascondere le proprie responsabilità”. Più moderati i commenti degli avvocati. “Massimo rispetto a questa disgrazia. La sentenza si rispetta come quella di primo grado. È stata confermata l’assoluzione su depistaggio e omicidio plurimo. Mentre è arrivata la condanna per omissione di atti d’ufficio e falso. Per questi reati non c’è costituzione di parte civile. Sapevamo bene che questo processo sarebbe finito in Cassazione”, ha affermato l’avvocato Sergio Della Rocca, legale difensore di Provolo. Alle condanne si sommano i risarcimenti danni e legali per i parenti e i futuri processi in separato giudizio civile.

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