Sfratti, disagio, povertà. La Caritas di Roma: “In troppi sono allo sbando”

Gualtieri parla di nuove strutture a favore di chi non ha un tetto. Ma per la Caritas occorre un sistema integrato di servizi. Roma Termini ancora un nodo irrisolto

Manifestazione contro gli sfratti
Manifestazione contro gli sfratti

Circa 9 mila senza tetto, sfratti che sono ripresi a ritmo battente, 14 mila famiglie in graduatoria che aspettano una casa popolare. Sono troppe le persone che sono in uno stato di disagio a Roma. La Caritas diocesana chiede un piano di sviluppo della città  che tenga conto anche di queste persone. E il sindaco Roberto Gualtieri sembra ammettere che le risorse sono poche: “Abbiamo attivato 4 strutture nuove di co-housing, destinando i beni sottratti alla criminalità organizzata. Abbiamo messo 2 milioni di euro per i Municipi per il finanziamento dei centri di accoglienza, per ulteriori 100 posti disponibili”. Quasi una goccia in mezzo al mare.

Non bastano un ostello o due in un città come Roma

Ma quanti sono gli sfratti a Roma? Negli ultimi 5 anni sono stati eseguiti 7.412 sfratti nella Capitale, 9.513 in tutto il Lazio. Per  Giustino Trincia, direttore della Caritas di Roma, serve “una rete di centri di prima accoglienza, di primo soccorso: dalla strada ad un riparo dignitoso, di permanenza davvero temporanea, al massimo di 6 mesi che dovrebbe essere distribuito nel territorio dove si concentra principalmente la presenza, l’afflusso, di uomini e donne senza dimora. Un ostello o due non bastano in una metropoli come la nostra ma questo tipo di servizi costituisce un imprescindibile argine al possibile dilagare di fenomeni di ulteriore abbandono a sé stesse di persone già duramente provate dalla vita”.

Una rete di soggetti per combattere povertà e disagio

Altre 5 mila persone rischiano di essere messe in strada da un momento all’altro. Dunque per la Caritas serve una vera rete di sostegno nei confronti di chi in difficoltà. E “la presenza di una rete di questo genere – dice ancora Trinca -non è la risposta ma una parte di quella risposta più organica che la Città è tenuta a dare se vuole evitare l’ipocrisia di chiudersi gli occhi o di costruire delle nuove ‘riserve indiane’ dove tentare di nascondere agli occhi delle molteplici forme di business, la condizione di persone che in gran parte e non per loro volontà si sono ritrovate senza un tetto, senza condizioni dignitose minime per vivere la loro esistenza”.

Contro il degrado di Termini serve una vera svolta

Nodo non secondario la sicurezza alla stazione Termini. Per Trincia, “è necessaria la definizione di Piano integrato e partecipato per la sicurezza, la solidarietà, la vivibilità e la gestione ordinata (e pulita!) dell’area, che veda coinvolte. Un Piano che veda coinvolte amministrazioni pubbliche, Rfi, Polizia, e volontariato. Un intervento che sia basato su alcuni principi: Il rispetto della persona in tutte le sue connotazioni; la sicurezza, la vivibilità e l’affidabilità dei luoghi per tutti; la responsabilità di ogni ente, sistema e Amministrazione per l’interezza dei luoghi urbani interessati”.

Gualtieri: per la casa mancano le risorse 

Gualteri è d’accordo che serva una vera politica per la casa, che non si fa dagli anni di Fanfani. “Abbiamo cercato di applicare la legge, e anche le deroghe previste da una legge non particolarmente felice: se le persone non hanno la residenza è più difficile che possano diventare autonome, essere in un percorso di dignità, di lavoro e di formazione futura. Servono poi risorse e politiche per la casa – ha detto il sindaco – e noi stiamo cercando di farlo con un investimento senza precedenti. Dove ci sono situazioni di occupazione occorre, quando si devono giustamente organizzare gli sgomberi, trovare però una soluzione alternativa. Poi ci sono le situazioni dei campi rom”.

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