Ha messo d’accordo comitati, associazioni del territorio, paladini della legalità e cittadini comuni. Lo sgombero del Casilino 900 è stato accolto con soddisfazione trasversale dai molti romani che da anni invocano la fine dei bivacchi e degli accampamenti abusivi.
La non dai radicali di Roma, da anni promotori di iniziative e proposte che rifiutano le logiche securitarie dal consenso facile a vantaggio di percorsi diversi di integrazione.
“La ‘bonifica’ di oggi all’ex Casilino 900 è l’ennesima conferma del fatto che le politiche dell’amministrazione capitolina sui campi rom sono in perfetta continuità col passato, e per questo del tutto fallimentari – spiega Alessandro Capriccioli, consigliere regionale di +Europa – siamo ripartiti col ‘gioco dell’oca’ che purtroppo conosciamo da decenni, in cui si sgomberano i campi senza offrire soluzioni alternative adeguate, costringendo i loro abitanti a trasferirsi in nuovi insediamenti -formali o informali- per poi sgomberarli di nuovo, e così via all’infinito”.
Il consigliere radicale attacca poi Virginia Raggi e quella che chiama la ‘salvinizzazione’ di Roma, dove –dice – si fanno operazioni dimostrative che non toccano il cuore del problema che “ consiste nella necessità di implementare percorsi di inclusione efficaci, pianificati, con tappe e tempi certi”.
Per Capriccioli la dimostrazione consisterebbe nella presenza a Casilino 900 di persone provenienti dallo sgombero di Camping River, il campo abusivo della Tiberina in cui tanti degli ex abitanti sgomberati oggi risulterebbero introvabili.
La storia degli accampamenti abusivi di Casilino 900 è antica e tocca 40 anni di storia della Capitale. Nel 2010 il grande sgombero all’epoca di Alemanno sindaco, con i circa seicento abitanti ricollocati nelle strutture di Candoni e Via di Solone.
“Oggi è una giornata storica. Dopo 40 anni siamo riusciti a chiudere questo campo” disse all’epoca Alemanno, non immaginando che dopo qualche anno le baracche sarebbero tornate.