La corsa per l’elezione a sindaco di Roma, che già era una maratona, si è trasformata in “una storia infinita”. Considerato che tra oggi ed il voto ci sono i mesi estivi, è difficile pensare di fare campagna elettorale sotto gli ombrelloni o tra i monti. Il tempo a disposizione dei partiti per scegliere il candidato o dei cittadini, se dovranno vagliare i concorrenti per la poltrona di sindaco, si assottiglia. Eppure, ciononostante, ci troviamo a metà aprile ancora in una situazione di stallo, con le bocce ferme ad alcuni mesi fa.
Ai nastri di partenza, ancora solo due candidature ufficiali: Virginia Raggi e Carlo Calenda. Recentemente antrambi, per vari motivi, sono soggetti a richieste di ritiro (la sindaca uscente) o a partecipare alle primarie del centrosinistra (il leader di Azione, Calenda). Per il resto nessuna novità. .
Il nuovo Pd di Enrico Letta, seguendo la linea già tracciata da Nicola Zingaretti, vorrebbe un accordo elettorale con il M5S, ma non può schierarsi a favore della Raggi dopo le forti critiche al suo operato mosse dal partito romano.
Sembrerebbe un’abdicazione al giudizio negativo fino ad ora espresso dal Pd sull’azione in Campidoglio dei pentastellati in questa consiliatura. Quindi accordo sì, ma non sul nome ingombrante della sindaca uscente.
Tuttavia il nuovo M5S, che Giuseppe Conte sta disegnando, vorrebbe un accordo. Ma sulla strada che porta all’intesa con il Pd, sponsorizzata anche a livello locale dalla consigliera regionale, Roberta Lombardi, da poco in maggioranza alla Pisana, c’è il macigno Raggi. Virginia, che almeno per il momento, non intende farsi da parte.
Forte anche dell'”aridaje” di Beppe Grillo, e del sostegno di tanta parte dei cinquestelle romani, la sindaca uscente vuole mantenere la sua candidatura e sembra disposta ad andare avanti anche se i vertici nazionali pentastellati le chiedessero il ritiro.
A complicare le cose tra i giallo-rossi c’è poi la candidatura di Calenda. Il leader di Azione ha detto no alla partecipazione alle primarie (è una questione interna del Pd – ha detto) e va avanti per la sua strada convinto di poter contare sull’appoggio di tanti elettori della sinistra e del centro (ed i sondaggi finora effettuati avallano questa sua convinzione).
Ma se a sinistra la situazione è alquanto complicata, non è certo migliore nel centrodestra. La spaccatura a livello nazionale, con Lega e Fi al governo e FdI all’opposizione, non aiuta certo a risolvere il problema della scelta del candidato sindaco.
Prima dell’avvento di Mario Draghi a Palazzo Chigi, le cose erano abbastanza chiare: Giorgia Meloni avrebbe scelto sul Campidoglio , mentre Matteo Salvini avrebbe designato il candidato “governatore” alla Pisana. A Fi un maggior peso nei municipi romani.
Questo schema appare ora saltato, anche perché dalle parti del “Carroccio” si guardano con un po’ di apprensione i sondaggi che danno in continua crescita FdI e in calo i consensi per la Lega.
Trattative difficili quindi tra i tre partiti del centrodestra, che fino a poco tempo fa apparivano come un’alleanza granitica; ora invece la coalizione mostra crepe, al momento non vistose, ma pericolose. Non dimentichiamoci che alle scorse elezioni comunali il centrodestra si presentò diviso e fallì l’accesso al ballottaggio.