Stampato sotto le bombe, esce il calendario ucraino

Arriva cinque mesi dopo per la guerra, in vendita a Santa Sofia a Roma

photo credit: Lesia Romaniv

Non è stato facile realizzarlo e stamparlo nella tipografia sotto i bombardamenti, con la luce che andava e veniva, con le sirene che suonavano di notte e di giorno, con la paura che prendeva il sopravvento. Ma alla fine il calendario ucraino è uscito e, anche se con cinque mesi di ritardo, i suoi ideatori sono contenti come se fosse l’1 gennaio 2022, e non il 15 maggio.

I sorrisi erano d’obbligo stamani (ieri ndr), alla basilica di Santa Sofia a Roma, divenuta ormai punto di smistamento per gli aiuti umanitari verso l’Ucraina, dove il calendario è stato presentato alla comunità. L’intento è quello di far conoscere gli usi e i costumi ucraini e infatti ogni mese è corredato da una spiegazione in ucraino, in italiano e in inglese. E nelle foto compaiono gli abiti tradizionali del Paese, “che sono stati acquistati direttamente in Ucraina e risalgono alcuni a 100 anni altri a 200 anni fa – racconta Lesia Romaniv, tra gli organizzatori del progetto – Alla fine questo ritardo è stato provvidenziale perché ora c’è più interesse verso la cultura ucraina. Certo mi dispiace che questo interesse sia nato a causa della guerra ma va bene anche così”.

Gli introiti delle vendite infatti, ogni calendario costa 10 euro, saranno destinati a chi è rimasto ferito nei combattimenti. Sfogliando il calendario si trovano i ‘Koliaduvànnya’, i canti natalizi con le persone che si recavano nel cortile delle case, svegliando i proprietari e cantando cantando alla sua famiglia inni sul sole, la luna e le stelle. A Pasqua, dopo la Quaresima, c’è poi la benedizione dei rami di salice mentre per Pasqua si dipingono le uova di gallina, in cui ogni segno e colore possiede il suo simbolismo e significato. In occasione della ‘Vodinnya kusta’, la Pentecoste, c’è l’usanza di decorare case, chiese e cortili con rami di betulla, tiglio e acero ma anche con tutti i tipi di erbe profumate e fiori di campo.

Nel calendario è riportata anche l’obžynky, la festa della fine del raccolto del grano. Nel campo di grano i contadini lasciavano sempre qualche fascio di spighe non mietute. Molti ricercatori interpretano tale usanza come un sacrificio alla madre terra. Quando invece ci si sposa, è usanza regalare una icona che accompagnerà la nuova famiglia per tutta la vita. Un altro simbolo delle nozze è la corona nuziale della sposa, che lei indossa solo il giorno della cerimonia, come simbolo di innocenza. La Vigilia di Natale occupa un posto speciale nel cerchio tradizionale: si preparano dodici piatti, il principale dei quali è la kutia, chicchi di grano o orzo bolliti in acqua con miele, semi di di grano o orzo bolliti in acqua con miele, semi di papavero e noci. Soddisfatto dell’iniziativa anche don Marco Sehemen, rettore della basilica di Santa Sofia: “Presentare questo progetto per me significa condividere, donare la nostra cultura e farci scoprire a chi lo leggerà”. (di Simona Tagliaventi per Ansa)

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