Tornano i rondoni nella Primavera romana

L’etologo Enrico Alleva descrive l’arrivo nei cieli della Capitale dei rondoni o ‘’Devil Bird’’, come li chiamano gli inglesi.

 

 

A breve arriveranno i “nostri” rondoni, quei contingenti che nidificheranno a Roma.

Enrico Alleva, professore di Etologia e membro dell’Accademia dei Lincei, in un articolo di ‘’La Repubblica’’, racconta i ‘’devil bird’’, come li chiamano gli zoofilissimi ornitologi britannici, per le loro strida demoniache.

‘’Li udiremo – scrive Alleva – all’alba più avanti, e ancor più al tramonto, e saranno giochi volteggiati di corteggiamento amoroso; poi impazziremo per i loro stridii: ma quelli saranno i nidiacei dell’anno che una volta giovanottelli s’inseguiranno garrulissimi nell’afoso giugno-luglio, prima di riscomparire da regolari migranti verso il più accogliente Centroafrica.

Il rondone è definito Apus apus, nomea scientifica che ribadisce il loro non aver piedi. Ce li hanno, piccolissimi e corti, forniti di forti e acuminati unghioni che garantiscono un soffice e saldo atterraggio e qualche breve, goffo incedere sulle pareti e soprattutto nella buia intimità del nido cavernoso.

Volano sempre, e in volo si nutrono, si accoppiano, si amano nei loro danzanti fidanzamenti ornitìci, si fanno mucchio notturno nelle faticose notti di migrazione.

Piloti di linea e militari li hanno scorti ad altezze incredibili, gli studiosi son convinti che in volo sappiano comodamente dormire.

Ripuliscono i cieli romani d’insetti pungenti e fastidiosi, di artropodi che infestano i fiori sui balconi e gli arbusti nei nostri miserelli giardinetti urbani.

Con Claudio Carere, brillante etologo dell’Università della Tuscia, e Giacomo Dell’Orno di Ornis Italica, ci stupimmo della quantità di ragni e ragnetti che ingurgitano quotidianamente, quelli che tessendo un unico, lunghissimo filo di invisibile seta aracnoidea veleggiano e ci entrano (misteriosamente?) in casa in primavera (per i bibliofili: i ragni casalinghi però divorano i terribili pesciolini d’argento che rosicchiano le nostre amate copertine).

Claudio dimostrò che il padre al nido accudisce la prole “di complemento” alle attente e inevitabili cure della rondona, cioè funge da aiutante, ma solo in caso di bisogno, rispondendo al vorace e deciso pigolare dei nidiacei dal becco spalancato e dalla gola catarifrangente.

Etica darwiniana, asimmetrie però specie-specifiche, giammai trasferibili a Homo sapiens che dell’accudimento sociale della prole fece invece impulso evolutivo fondamentale.

A via della Rondinella, nomem omen, nidificano le rondini. Anche loro specie planctofaga aerea, bottinatrice immodesta e ingorda d’insetti molesti. Necessita  della (rara) sabbietta e fanghiglia di fiume per edificare un nido ben più artistico ed esposto dei rondoni.

Per questo quando gli ingegneri piemontesi postunitari azzerarono, con poderosi bastioni di contenimento, spiaggette e porticcioli nella Roma fluviale (in compenso divenne città Capitale, con sommo cruccio delle rondini di Ripetta) le rondini hanno ceduto i cieli del nostro centro storico ai rondoni, inclusi qualche colonia di Rondone pallido (Apus pallidus), specie che non si affanna neppure a migrare.

Che la rondine ami ancora i cieli romani però è certificato: quando anni orsono venne costruita la nuova Stazione Tiburtina, con cantieri aperti e deliziosa fanghiglia a disposizione dei loro becchi ottusi e corti, si affollarono a nidificare in area Tiburtina e dintorni, fino a fine lavori. Qualche rutilante stagione dove queste eleganti figure, con la lunga coda biforcuta e una sfavillante fronte rosiccia indossata su una marsina bianconera, sfrecciavano e si avvolgevano misteriose sul traffico congestionato delle grandi arterie del sud-est capitolino.

L ‘archistar che immaginò la Stazione Tiburtina, Paolo Desideri, docente a RomaTre, è un naturalista colto e solidissimo, per illustre tradizione famigliare. Certamente avrà anche pensato alla biodiversità cittadina, che ama e frequenta, costruendo per le tante specie cittadine, come i provetti seguaci della sostenibile e interspecifica bioarchitettura metropolitana dovrebbero saper fare.

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