Il 19 novembre del 2001 un convoglio di auto con a bordo giornalisti che viaggiava sulla strada che da Jalalabad porta a Kabul venne affiancato da uomini armati. Nell’agguato venne uccisa Maria Grazia Cutuli, 39 anni, inviata del Corriere della Sera. Con lei persero la vita anche l’inviato di El Mundo Julio Fuentes e due corrispondenti dell’agenzia Reuters, l’australiano Harry Burton e l’afghano Azizullah Haidari.
Un raid di morte, spiegò alcuni anni dopo un inquirente della procura di Roma che sull’omicidio avviò subito una indagine, che avvenne in un periodo in cui in Afghanistan “gruppi di talebani, asserragliati su quelle montagne aggredivano e violentemente rapinavano tutti (e soltanto) i giornalisti occidentali che transitavano per quella strada che era la sola che portasse in Pakistan attraversando il distretto amministrativo di Sarobi”. Si trattava di “azioni di guerriglia, volutamente dirette ed indirizzate solo a giornalisti stranieri” che “miravano a strumentalizzare i mezzi di informazione per convincere l’opinione pubblica occidentale che l’Afghanistan era assolutamente ingovernabile da parte di quelle forze di occupazione i cui Governi, invece, dichiaravano il contrario”.
Negli anni le indagini hanno cercato, faticosamente, di arrivare ad una verità per individuare gli autori dell’agguato. Due i procedimenti svolti a piazzale Clodio: il primo si concluse con l’assoluzione di Jan Mar perché non fu possibile arrivare alla certezza della sua identificazione. In precedenza, per insufficienza di prove, furono assolti Fedai Mohammed Taher e Jan Miwa. Un ultimo imputato, Reaza Khan, fu arrestato e processato nel 2007 a Kabul e fu successivamente giustiziato in Patria.
Il 29 novembre del 2017 la corte d’Assise della Capitale ha condannato due cittadini afghani ritenuti appartenenti al commando di killer: Mamur e Zar Jan, entrambi di etnia Pashtun. Ventiquattro anni di reclusione la pena inflitta per i due imputati all’epoca detenuti in patria dove, per l’agguato stavano scontando rispettivamente 16 e 18 anni di reclusione. La corte di Assise ha inflitto ai due imputati, che ascoltarono il verdetto tramite collegamento in videoconferenza, anche il risarcimento danni ai familiari della giornalista e alla Rcs per complessivi 250 mila euro. Nei loro confronti la Procura aveva sollecitato una condanna a 30 anni oltre che per il reato di omicidio volontario anche per rapina. Quest’ultima fattispecie si riferiva al furto, in concorso con altre persone non identificate, di una radio, un computer e di una macchina fotografica appartenuti alla Cutuli. Per i due imputati, a distanza di un anno, la sentenza venne confermata anche in appello