Combattere la battaglia contro la violenza sulle donne a partire dalle scuole, dove invitare le vittime a parlarne. È la proposta del ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, che non piace all’assessora alle Pari opportunità di Roma, Monica Lucarelli, che dice: “Portare le vittime di violenza in classe è demagogico e propagandistico”.
Dopo la vicenda dello stupro di gruppo a Palermo, il ministro, in un’intervista alla Stampa ha illustrato le strategie del governo per sensibilizzare sulla violenza sulle donne. In cantiere, non solo l’evento del 25 novembre, ma anche una serie di campagne nelle scuole come quelle contro il bullismo e la sicurezza stradale.
“Come ministero – spiega Valditara – stiamo pensando di organizzare delle iniziative nelle classi come accadrà nel campo della sicurezza stradale o per la campagna di sensibilizzazione contro il bullismo. Più in generale – aggiunge – si tratta di affermare e diffondere tra i giovani la cultura del rispetto. Pensiamo a incontri da tenere nelle scuole rendendo protagonisti gli stessi studenti e con l’intervento, fra gli altri, di vittime di violenze che possano testimoniare in modo diretto che cosa significa la violenza contro le donne. L’obiettivo è di riuscire a farlo partire già da quest’anno”, ha concluso Valditara.
Ma per Lucarelli “il ministro propone non-soluzioni che avranno un impatto nullo sugli studenti ma che soprattutto rischiano di creare ulteriori danni – spiega -. Infatti ci sono esperti, associazioni, intellettuali e formatori che si occupano di questa tematica da anni, e che hanno un approccio laterale e lavorano per cambiare il modello di riferimento maschile e decostruire il sistema patriarcale. Sarebbe più utile – prosegue – un accordo ministeriale con le case editrici per rivedere tutti i testi adottati nelle scuole e nelle biblioteche scolastiche che sono a tutt’oggi colmi di stereotipi e sono spesso diseducativi con modelli di riferimento vecchi e assolutamente non equi. Eppure sono ancora molto diffusi persino tra le insegnanti”.
“Con i libri – sottolinea Lucarelli – possiamo educare i nostri figli già a partire dalla scuola di infanzia, combattendo gli stereotipi che sono alla base della piramide della violenza. Per questo diventa sempre più urgente fare formazione, servono fondi per sensibilizzare e educare alla equità di genere tutti ma soprattutto insegnanti e educatori che hanno il compito di crescere le nuove generazioni. Le testimonianze di chi ha subito violenza – aggiunge – possono essere utili in alcuni casi ma non è certamente la soluzione. Tra l’altro, non tutte le vittime di violenza hanno fatto un percorso di decostruzione e al di là dell’esperienza personale non è corretto che abbiano sulla propria pelle la responsabilità dell’educazione alla non violenza. Oltretutto – conclude- rischierebbero di fare danni riportando il loro vissuto in modo non adatto ad una platea di giovani studenti e studentesse. Ripartiamo dalle scuole, dalle generazioni future ma usiamo il cervello e mettiamo in campo azioni per cui le chat degli stupratori diventeranno un triste ma lontano ricordo”.