Si svolgera’ domani, sabato 17, l’assemblea nazionale del Pd che avviera’ la fase congressuale del partito e fissera’ la data delle primarie. Sono mille, come i garibaldini, i delegati che hanno diritto di partecipare alla riunione, e come le “camicie rosse” hanno il difficile compito di conquistare il Sud che, nelle elezioni dello scorso 4 marzo, ha votato in massa per il M5S e largamente la Lega. Ancora piu’ arduo, poi, sara’ individuare la giusta strategia ed il proprio condottiero per conservare le non piu’ “regioni rosse” e per frenare il brusco calo registrato nel Nord (le ultime elezioni in Trentino Alto Adige hanno quasi cancellato il Pd nei consigli provinciali di Trento e Bolzano).
All’assemblea si arriva in ordine sparso. Per ora c’e’ un solo candidato ufficiale alla segreteria. E’ il governatore del Lazio Nicola Zingaretti che sta coagulando intorno alla sua figura larghi settori del Pd (con lui anche Paolo Gentiloni e Dario Franceschini che erano stati al fianco di Matteo Renzi durante la sua gestione del partito). I sondaggi lo danno largamente in testa ed anche per questo, forse, i renziani finora non hanno trovato un degno “competitor” da opporgli: Graziano Del Rio, accampando anche motivi familiari, ha declinato l’invito mentre Marco Minniti nicchia, ha rinviato di giorno in giorno la sua decisione, ma il tempo stringe e non potra’ piu’ tergiversare.
Certo e’ che l’ex presidente del Consiglio e segretario del Pd non gradisce un Pd a guida Zingaretti. E non contribuisce ad un ammorbidimento delle sue posizioni le voci che danno come possibile un ritorno nel partito di Pierluigi Bersani, Massimo D’Alema e Roberto Speranza e gli altri fuoriusciti dal Partito Democratico contrari alla sua politica (l’esperienza di LeU e’ giunta al capolinea). I piu’ oltranzisti della sua componente sono anche pronti a minacciare una scissione (sarebbe l’ennesima nella sinistra italiana) in caso di vittoria di Zingaretti e di un possibile ingresso nel Pd di chi a suo tempo lo ha lasciato.
L’assemblea di domani, comunque, dovra’ fissare la data delle primarie. Come e’ noto, era gia’ stata indicata domenica 27 gennaio, ma la consultazione sarebbe stata in concomitanza con la celebrazione del “Giorno della memoria” in ricordo della shoah. Quindi la scelta deve necessariamente spostarsi su una data di febbraio o di marzo, ma anche febbraio in pratica e’ “off limits” perche’ in quel mese si svolgeranno (tra il 10 ed il 24) tre importanti elezioni regionali (Abruzzo, Basilicata e Sardegna). Da qui l’orientamento per domenica 3 marzo, anche per non andare troppo a ridosso di altre elezioni amministrative (tra i comuni chiamati al voto ci sono Firenze, Bari, Ferrara, Foggia, Modena, Pescara, Perugia e Reggio EmilIa) e delle importantissime elezioni europee (in Italia si votera’ il 25 maggio), che vedranno in campo le forze piu’ convintamente europeiste (ed il Pd e’ tra queste) e quelle “sovraniste” e “populiste”. Il nuovo segretario dovra’ avere il tempo necessario per dare vita al nuovo corso e per scegliere come scendere in campo e con quali uomini schierarsi. Da qui l’orientamento di parte del partito ad anticipare il piu’ possibile la data delle primarie, con i renziani che invece non vedrebbero con dispiacere lo spostamento di congresso e primarie a dopo maggio per avere piu’ tempo per riorganizzarsi intorno ad un proprio candidato che possa sfidare ad armi pari il governatore del Lazio Nicola Zingaretti.