Il cinema si appresta a celebrare il Natale, tradizionalmente il periodo più ricco dell’anno per presenze in sala, tra speranze e timori. L’impatto della pandemia sul settore è stato devastante, ma i risultati dell’ultimo trimestre a Roma, come nel resto d’Italia, segnalano una perdita di spettatori e di incassi più contenuta rispetto ai mesi precedenti. Lo scrive ‘’La Repubblica’’ in un articolo sulla crisi di un settore che per la Capitale era motivo di orgoglio.
Infatti se dal 1 gennaio al 30 novembre di quest’anno nelle sale capitoline si sono staccati 1,8 milioni di biglietti, contro i 7,3 dello stesso periodo 2019, ultimo anno prima dell’esplosione del Covid-19, con una perdita fra settembre e novembre, con il ritorno delle strutture a capienza piena, la perdita percentuale si è assestata ai 44%: 1,2 milioni di biglietti contro i 2,2 del 2019.
“Il calo sarebbe potuto essere anche più contenuto – fa notare a ‘La Repubblica’ Leandro Pesci, presidente dell’Ance Lazio, l’associazione degli esercenti se tutte le categorie si fossero impegnate maggiormente a contrastare la crisi. Quando a fine aprile le sale hanno potuto riprendere la programmazione, per invogliare il pubblico a tornare al cinema, spingendo gli spettatori a superare timori e preoccupazioni, sarebbe stato utile avere a disposizione i titoli più attraenti, che, invece, in molti casi sono stati congelati e rimandati ad un’uscita post-pandemica. Cosi come si è persa l’occasione di lanciare film durante l’estate, ovvero nel periodo più tranquillo dal punto di vista sanitario. È ovvio che l’incasso all’indomani della riapertura sarebbe stato inferiore ad un’uscita in tempi normali, ma la perdita di questo periodo contrastato la decimazione delle sale”.
Il fenomeno è preoccupante perché a fronte di 45strutture in funzione per un totale di 223 schermi, la capitale resta di gran lunga la città cinematograficamente più attrezzata, solo negli ultimi anni sono scomparsi 39 cinema, a cui presto si potrebbero aggiungere anche Admiral e Ambassade, che non hanno ancora riaperto.
Nel resto della regione la situazione è ancora più drammatica: i cinema funzionanti sono 46, quelli già scomparsi 29 e per una sala che è appena riacceso le luci, il Mancini di Monterotondo, nel Lazio i cinema che non hanno ripreso l’attività alla riapertura del mercato sono 7. Il piccolo esercizio indipendente è quello maggiormente penalizzato dalle grandi distribuzioni, perché spesso non riesce a programmare i film di maggiore richiamo. La digitalizzazione, con il conseguente crollo dei costi di distribuzione, perché oggi i film possono arrivare in sala anche dalla rete, avrebbe dovuto favorire una maggiore disponibilità di titoli per tutte le sale, invece non è cambiato niente e, per poter proiettare i film commercialmente più appetibili, spesso l’esercente è costretto a garantire anche la tenitura di titoli privi di qualsiasi attrattiva.
“Di fatto la libertà dell’esercente – fa notare Gino Zagari, gestore del Caravaggio, che dopo la scomparsa di Embassy, Holiday, Empire e Roxy, è l’unica sala funzionante nei quartiere più ricco della capitale, i Parioli – è condizionata da un sistema dove regna la deregulation e vige la legge del più forte. Una soluzione per superare questo annoso problema ci sarebbe: applicare al mercato cinematografico la legislazione che governa l’editoria, che prevede che ogni edicola abbia diritto di essere rifornita della pubblicazione richiesta, così come il titolare dell’edicola non può sottrarsi dall’accettare le pubblicazioni di ogni editore. Lo stesso dovrebbe avvenire con le sale”.
“Senza contare che a penalizzare la sala – conclude Pesci – è la mancanza di regole nelle modalità di consumo: è assurdo che in Italia di fatto le windows, ovvero la determinazione di una tempistica fra l’uscita sul grande schermo e sugli altri mezzi, non esista: i film possono uscire come e quando vogliono. Bisogna evitare che la sala si trasformi in semplice cassa di risonanza per promuovere e favorire il consumo dei film sulle piattaforme. A Roma e nel Lazio è a rischio il futuro di oltre 2.300 lavoratori”.