Festa del Cinema di Roma 2018, Isabelle Huppert si racconta dai Taviani a Elle

Jonathan Safran Foer protagonista di un incontro ravvicinato, presentato La Diseducazione di Cameron Post

Isabelle Huppert si è raccontata alla stampa alla Festa del Cinema di Roma 2018 © (Photo by Vittorio Zunino Celotto/Getty Images)

Alla Festa del Cinema di Roma è arrivato Micheal Moore per presentare Fahrenheit 9/11 il documentario dedicato a Trump. All’Auditorium anche la divina Isabelle Huppert e lo scrittore Jonathan Safran Foer, insieme a Moore protagonisti di tre incontri ravvicinati. Presentato anche il film della selezione ufficiale La Diseducazione di Cameron Post.

Isabelle Huppert, protagonista di un incontro ravvicinato, ha parlato alla stampa dei suoi prossimi ruoli e della sua lunghissima carriera. Una candidatura all’Oscar, l’attrice è una fonte d’ispirazione per moltissime giovani attrici:

“Non ci sono solo le attrici giovani che mi fanno i complimenti, anche le più avanti negli anni, non mi fa paura, non sono delle persone che mi fanno paura, sono delle persone normali che vivono delle situazioni difficili. Non serve il coraggio per fare questo mestiere, conosco delle persone più coraggiose di me, quello che fa paura è avere dei conflitti, delle cattive relazioni, ma se tutto succede in armonia, non ho problemi”.

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Isabelle Huppert sarà anche una delle protagoniste di The Romanoffs, attesissima serie TV di Matthew Weiner:

“Sì, parlo un po’ del russo, ho fatto un film russo diretto da un regista ucraino Igor Minaev, The Flood, ispirato a un romanzo di un scrittore russo Yevgeny Zamyatin. Quindi non ho parlato russo solo in The Romanoffs, ho avuto voglia di partecipare a questa serie TV dopo il mio incontro con Matthew Weiner, l’ideatore di Mad Men. Diciamo spesso che c’è un legame segreto sui Romanoff e Weiner ha avuto voglia di parlare di questo, ognuno degli episodi non è collegato agli altri, questa storia si prolunga ai giorni nostri. Io sono una regista particolarmente nervosa, il mio personaggio era divertente e mi sono divertita a farlo. C’è qualcosa di barocco in questa serie TV così come la sua impressione, non che le altre non ne abbiano, ma questa ci porta in posti sconosciuti”.

Più di 120 ruoli per l’attrice francese, quali sono le maggiori soddisfazioni legate a una carriera coì lunga:

“Non vedo mai delle difficoltà, forse il teatro è diverso, è una situazione più stressante e difficile del cinema. Sono felice del percorso che ho fatto al teatro e al cinema, ma non ho delle difficoltà quindi non ho voglia di inventare una risposta, le difficoltà al cinema sono risolte al regista. Ho fiducia al cinema non mi fa paura, dove le risposte e i problemi sono tutti risolti dal miracolo della regia, non bisogna erigere problemi, tutte le risposte arriveranno, ho fiducia nel cinema”.

L’attrice riceverà il premio dalle mani di Paolo Taviani con il quale aveva lavorato sul set di Le Affinità Elettive:

“Sono contenta di ricevere un premio, ho lavorato con alcuni dei più grandi registi italiani: Bellocchio, i Taviani, Ferreri, Bolognini e sono felice di questo. Non penso alle complessità, questo è qualcosa che mi soddisfa, faccio anche spesso delle opere prime, anche con i registi più affermati è sempre un salto verso l’ignoto. Nel teatro e il cinema non facciamo mai la stessa cosa, questo non mi fa paura, mi fa piacere non sapere cosa succede e che magari al traguardo lo spettatore e chiunque porta le proprie questioni al film. Non lo vedo come complessità, il cinema è una finestra sul mondo, è sempre più politico, pone delle domande su di noi, è nato come una distrazione, ma ha aggiunto qualcosa allo spettatore e anche a me”.

Fra i tanti personaggi che ha interpretato c’è qualcuno che le è rimasto nel cuore:

“Mi sento vicina e lontana a tutti i personaggi che interpreto, è il paradosso dell’attore. Non li ho mai conosciuti, non mi succedono le cose che capitano a loro. Mi sento più vicina ad alcuni in modo segreto e intimo, non dico mai che un personaggio è il contrario di me, mi dico che non è me ma sono io che io li interpreto. Ci sono alcuni personaggi vicini alla realtà e a un’immagine che abbiamo di noi stessi: che sia qualcosa di più simile a me o a una fantasia che ho di me, il cinema è l’arte di restituire un sentimento di autenticità e di verità quindi c’è qualcosa di vero”.

Dei tantissimi film che ha interpretato è legata a Elle, l’ultimo suo scandaloso ruolo:

“Ci sono alcuni che hanno sconvolto più di altri, come Elle, La Pianista, di altri mi sono pentita, ma come diceva Hitchcock è sempre del cinema. Ci sono poi tutti i film che ancora non ho interpretato che sono nascosti come delle stelle, sono da qualche parte, ci conosceremo prestom ma non li ho ancora conosciuti”.

Qual è il segreto della sua identità, tutti i suoi personaggi hanno un’anima che è la sua:

“È il cinema che mi permette di farlo, ho questo piacere anche al teatro. Il cinema ti mette in confronto con me, per me non ci sono differenze, il cinema è l’arte di confrontarsi. Bisogna servirsi al massimo, non bisogna avere paura, gli attori certe volte temono questo e recitano e basta, ma è più facile. I film che facciamo ci raccontano, sono come dei treni – come diceva Truffaut – il film parla per se stesso, è la chance del cinema di far credere a tutto”.

Presentato anche oggi alla Festa del Cinema Fahrenheit 9/11, La Diseducazione di Cameron Post e Jonathan Safran Foer è stato protagonista di un incontro ravvicinato in cui ha presentato i suoi film preferiti fra i quali c’è anche Rushmore di Wes Anderson.

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