Al Foro romano, L’Arco di Settimio, il secondo arco più grande di Roma (dopo quello di Costantino), è una mole titanica di quasi 24 metri che sembra gareggiare con il profilo del Campidoglio.
Questo monumento è al centro di una sperimentazione inedita per l’area archeologica centrale. Senza precedenti.
Un restauro “bio” che sta curando da lesioni , disgregazioni e fratture diffuse il vasto apparato decorativo di statue, rilievi, colonne e capitelli, attraverso uno speciale “allevamento” di batteri.
«Il prezioso consolidamento dei marmi avviene attraverso un processo naturale, ecosostenibile, alimentando il ciclo vitale dei batteri che vivono all’interno dei marmi stessi e che si ricoprono di uno strato di carbonato di calcio», spiega a ‘’Il Messaggero’’ la direttrice del parco archeologico del Colosseo, Alfonsina Russo, che ha messo in campo questa avventura biologica.
Lo staff del parco è al lavoro sulle bellissime e commoventi figure scolpite nel marmo, orchestrate in scene di assedio , scontri, tragedie umane e fasti, che rivestono le pareti dell’arco tra vittorie alate e allegorie dei fiumi. I barbari, sconfitti, a terra , le truppe ro mane, vittoriose, con lo scudo a cavallo.
Ed è qui che si “coltivano” i batteri, «Una famiglia di batteri vive all’interno del marmo – spiega il restauratore Alessandro Lugari – II consolidamento attraverso i batteri si attiva stimolando il loro ciclo vitale: questi microrganismi si nutrono delle scorie interne del marmo e lo consolidano perché si ricoprono di uno strato di carbonato di calcio, formando una sorta di crosta che non è altro che la molecola che compone il marmo. Al microscopio elettronico si può verificare così che tutte le fessure presenti nel marmo del monumento vengono gradualmente ricoperte e riempite da questa massa di batteri che si auto-producono».
Come? «Li nutriamo per farli crescere – aggiunge Lugari – Diamo loro un enzima che li stimola a produrre carbonato di calcio». Come viene somministrato l’enzima? «Sotto forma di uno speciale gel – precisa il restauratore – che viene steso sul marmo.
Chiaramente la superficie deve essere chiusa, coperta, perché altrimenti i batteri non vengono in superficie. Loro vivono al buio, sono fotosensibili, quindi noi passiamo il gel e poi incartiamo le parti trattate del monumento con scatole di legno, come una sorta di armadio. Il trattamento va ripetuto ogni cinque sei ore, e dura circa venti giorni. E si vede subito l’effetto di consolidamento”.
Con l’utilizzo del laser sono stati invece riportati a vista segni particolari del tempo, come graffiti di figure fantastiche, frasi e firme lasciate tra il’500 e il ‘700.
L’iscrizione dedicatoria, a 23 metri d’altezza, ha riservato non poche sorprese.