Eccolo lì, il ragazzo fortunato. C’è qualcosa di misterioso, forse spirituale, nel vedere Jovanotti dimenarsi per quasi tre ore su un palco, senza pause, se non quella per un brevissimo cambio di abito (prima di eseguire la sua più celebre hit poc’anzi citata e che chiude la scaletta del Palajova 2025). E pensare che, quando nel luglio del 2023, il giovanotto venuto da Cortona e nato artisticamente al Veleno di Via Sardegna, quando era già una specie di menestrello della consolle, si ruppe clavicola e femore a Santo Domingo, andando in bicicletta, in molti si chiesero se Lorenzo fosse tornato quello di prima. Non tanto nella testa, quanto nel fisico.
Chiariamoci subito, Jovanotti, con quelle braccia lunghe e con due manone per terminali, ha sempre amato ballare e saltare come un grillo sui palchi calcati in 37 anni di carriera. E poche sere fa, al Palazzo dello Sport dell’Eur, la sensazione è che il miracolo sia riuscito. Nessuna traccia, almeno a occhio nudo, dell’incidente dominicano. Jovanotti balla, corre, salta, strimpella. Sembra quasi di vedere uno sciamano impegnato in un rito sacro, con quel suo abbigliamento un po’ no global, un po’ pirata, un po’ bucaniere e un po’ giullare. Ma Lorenzo è esattamente questo, un cantante e un artista capace di sorridere e ridere in faccia al mondo.
Nelle quasi tre ore di spettacolo, c’è un di tutto. I grandi successi del passato (assente, peccato, Bella), quelli più recenti, quelli della prima ora. Il tutto frazionato da due mash up dai quali spiccano due cavalli di battaglia di Jova, Falla girare e Serenata Rap. E poi tanti discorsi, legati dai suoi temi più cari: l’amore, la vita, le cose semplici, la gente, l’Africa, la campagna. Uno show nello show, con tanto di scenografia floreale e megaschermo con il pubblico e lo stesso artista che, una volta ripresi, diventano cartoni animati, statue greche, antichi romani, fiori.
E poi la festa, la vita, il big bang, la big band di 14 elementi che fa una musica della madonna per gente divertente. È come se fosse preoccupato dell’eventualità di aver perso il suo superpotere: l’energia, energia, energia. E volesse verificarlo subito. Il risultato è che invece di concedersi un po’ di rodaggio, sembra spingere con ansia sull’acceleratore, per ricordare a tutti che lui è sempre il più travolgente di tutti. Così, alla fine, il suo show floreale sembra bipolare. Sospeso tra la sensazione di doversi dimostrare ancora il più energetico di tutti e la necessità di ammettere la propria fragilità, sia con i temi delle canzoni che con dei Bpm più prudenti. Ma, a conti fatti, è sempre lui, quel ragazzo fortunato che ti mette di buon umore e che magari ti raddrizza una serata storta.