Prima, seconda o terza Repubblica? Questa storia può essere ambientata in una qualsiasi delle tre fasi dell’italia repubblicana. “La stagione delle nomine” è stato presentato dall’autore Pier Luigi Celli, a 50 metri di distanza da Montecitorio, il palazzo dove tutto si decide, o quasi.
Una serata che ha lanciato molti spunti di riflessione sull’attuale momento politico del nostro paese. A guidare il dibattito, che è stato più un racconto di aneddoti, la brillante Simona Ercolani. Al suo fianco un pimpante Paolo Cirino Pomicino che, come braccio destro di Andreotti, ha dovuto affrontare molte decisioni complesse per la scelta dei vertici delle aziende di Stato. Durante la serata l’ex Ministro DC ha decisamente difeso il manuale Cencelli, definendolo un modus operandi di condivisione della politica. Un metodo in cui se è vero che i partiti si spartivano i poteri e le cariche in modo proporzionale ai voti in parlamento, non si trascurava la competenza nella scelta dei dirigenti, che con capacità e coraggio riuscirono spesso a cambiare realmente le grandi aziende statali.
L’autore ha confessato che la scrittura del romanzo lo ha aiutato a esorcizzare lo stress accumulato negli anni in cui è stato protagonista a più riprese del valzer delle nomine.
Altro ospite della serata il direttore de l’Espresso Marco Damilano, che ha analizzato il momento attuale della politica sottolineando come il dualismo giallo-verde non tenga conto del resto del paese e assegni le cariche importanti prevalentemente su principi di appartenenza a discapito di un’adeguatezza sovente insufficiente a gestire tali incarichi.
Importante anche la testimonianza dell’ex ministro Massimo Bray che ha raccontato la vicenda della sua scelta per i vertici degli scavi di Pompei e di come i colleghi di partito avessero caldeggiato figure improbabili e che alla fine la sua scelta controcorrente avesse fatto insorgere una parte del PD per poi, a seguito degli ottimi risultati ottenuti, portarla alla riconferma di tali dirigenti, non ostante le dimissioni già avvenute dello stesso Bray.
La serata si è conclusa con un giochino ad indovinare i riferimenti dei personaggi di Celli nella vita reale. Un nome è uscito, quello del segretario di governo (carica di fantasia del romanzo) in cui l’ispirazione sembra proprio sia attribuibile al ruvido Luca Lotti
Un romanzo, edito da Chiarelettere, avvincente, con delitti e interventi dei servizi segreti, intrecci tra politica ed economia, da leggere e rileggere e forse una buona sceneggiatura per un bel lungometraggio.
Storie di vita quindi e storie di politica senza tempo.
La platea ha palesemente condiviso la preoccupazione sulle competenze dell’attuale classe politica al potere. Ma la domanda nasce spontanea. Chi ha votato allora questo governo?