Mal di pietre è al cinema dal 13 aprile, diretto da Nicole Garcia e ispirato all’omonimo libro della scrittrice sarda Milena Agus. Con Marion Cotillard, l’attore catalano Alex Brendemühl e Louis Garrel, Mal di pietre racconta di una storia d’amore ambientata nel Sud della Francia. Il film, distribuito da Good Films, è stato presentato a Roma qualche giorno fa.
La storia è quella di Gabrielle, una donna alla disperata ricerca dell’amore, la famiglia le fa sposare il contadino spagnolo José. Sarà in una clinica nelle Alpi, dove è in cura per eliminare dei calchi renali, che incontrerà quello che sembra essere il suo più grande amore, André, un reduce della guerra in Indocina.
Nicole Garcia ha presentato il film con l’autrice del libro, Milena Agus: “Prima di tutto, sono molto emozionata, è la prima volta che parlo insieme a Milena. Penso che il suo romanzo sia stato un grandissimo regalo che mi ha fatto. Ho letto questo libro perché un amico me l’aveva suggerito, l’ho comprato all’aeroporto di Orly prima di partire per Marsiglia, l’ho letto in volo e una volta atterrata ho chiamato il mio produttore per sapere se potevamo acquistare i diritti”.
Nicole Garcia è un’assidua lettrice, “ma normalmente non cerco dei soggetti nei libri per i miei film, preferisco trattare soggetti originali, tranne quando avevo adattato il romanzo di Emmanuel Carrère per il film L’Avversario, l’unico libro che avevo adattato prima, basato su una notizia di cronaca nera molto nota in Francia”.
Leggendo il libro di Milena Agus, la regista ha sentito che “c’era qualcosa per me, c’era qualcosa che non avevo inventato io, come quando si cerca qualcosa senza saperlo bene. Questo personaggio femminile che cerca qualcosa che tutti le rifiutano. Posso riassumere così il primo choc che mi ha dato questo libro”.
Quanto al testo originale di Milena Agus, Nicole Garcia ha cambiato qualcosa nel suo Mal di Pietre: “È un adattamento, il tempo della letteratura non coincide con quello del cinema. Nel libro di Milena si può saltare dal presente al passato fino al futuro, il cinema richiede un tempo del racconto. Ho dovuto adattare questo, poi non volevo fare un film italiano ed è per questo che sono rimasta fedele all’epoca del libro, ma ho spostato la storia dalla Sardegna alle Alpi dell’Alta Provenza”.
“Per un adattamento bisogna impadronirsi del libro, e penso che possa essere valido anche allontanandosi dal testo, senza tradirlo. Tutto ciò che c’è nel libro. La prima proiezione del film a Parigi, ho avuto l’impressione che le editrici erano un po’ preoccupate, ma si è tranquillizzata e si è comportata come quella grande scrittrice che è. L’adattamento è alla fine una rilettura del libro eseguita dalla persona che lo fa, ma a Milena è piaciuta molto e questo mi ha dato fiducia nel film”, completa la regista.
“Ci si può allontanare dal libro senza tradirlo, è quello che ho fatto con il libro di Mal di pietre”. C’è qualcosa nel libro che è mancata all’autrice Milena Agus è “la Sardegna, perché è ambientato in Francia. Ed è un film francese, anche la nonna è francese, il fatto che manchi la Sardegna indica che manchi la spiritosaggine dei cagliaritani, il farla tragica dell’interno della Sardegna. Noi sardi siamo più spiritosi sulle Coste e la facciamo tragica all’interno, la nonna del libro era sarda, ma io amo la nonna francese. è molto più commuovente della mia, la mia è buffa, ha una forma di follia che fa sorridere, ma la nonna di Nicole mi commuove profondamente, cosa che non ha mai fatto la mia. Mi dispiace profondamente per lei, e sono contenta che alla fine rinsavisca”.
Alla scrittrice la storia di Mal di Pietre ha ricordato l’Orlando Furioso: “Questa nonna francese mi ha ricordato Orlando, quando è matto e si fissa con Angelica e Ariosto raccomanda di evitare le fissazioni e ad adattarsi alla vita, alle cose a quello che la realtà ci offre. Però Orlando non ne vuole sapere, così come Gabrielle. Questa nonna soffre di questo mal d’amore folle, per un amore che non esiste. Il marito mi ricorda molto Astolfo che va sulla Luna a prendere l’ampolla con il senno”.
Un paragone calzante proposto dalla scrittrice che ha visto il film per la terza volta: “Le prime due m’erano sfuggite alcune cose, oggi ho notato qualcosa che mi è piaciuta molto. L’unica cosa affascinante che ha il reduce, che è distrutto, non si riesce ad alzare dalla sedia. L’unico fascino che ha è che le parla, perché nessuno le parla a Gabrielle, marito compreso”.
Mal di pietre parla di amor fou, un amore inesistente, forse simile a quello virtuale: “Trovo giusto questo paragone, è la stessa follia, sono amori che non esistono. Secondo me, non è da pazzi desiderare l’amore, passione, l’amore ideale… è qualcosa a cui abbiamo tutti pensato, non è una follia, ma quando non riusciamo a vedere ciò che è vicino. Quando non riusciamo a vedere i corpi e le parole delle persone vere, ma siamo sempre avulsi dalla realtà, siamo in un altro luogo, dove altri parlano, altri che non esistono, dove altri fanno quello che desideriamo facciano, ma non quello che desiderano anche loro. Allora c’è sicuramente il veicolo della follia”.
A Milena Agus Mal di Pietre ha ricordato La vita di Adèle H, il film di François Truffaut dedicato all’amore folle: “Adèle H è un po’ come Gabrielle”. La regista non è d’accordo: “Lei è la follia erotomane, il tenente di cui è innamorata non ha mai dato alcun segno d’interesse. Mentre il reduce ha guardato Gabrielle e dice che l’avrebbe potuta amare se non fossi così vicino alla morte. Quello che mi ha piaciuto di questa storia è che lei ha conosciuto l’inizio di un amore insieme a lui, ma quando è sparito, lei ha avuto questa follia, quest’allucinazione per non morire, per non sprofondare, penso che sia bello come l’immaginazione possa servire per non sprofondare. Quello che dice il marito di Gabrielle alla fine del film”..
“Credo alla funzione riparatrice dell’immaginazione, penso che questo rappresenti il cinema e la finzione per me. Quando esiste una fissazione del genere rappresenta la follia. Non ricordo l’Orlando Furioso, vorrei che Milena mi spiegasse la fissazione di Orlando per Angelica”, ha spiegato la regista.
Agus continua questo parallelismo riuscito con l’opera dell’Ariosto: “Anche Orlando non parla mai con Angelica, la vede e si fissa sul fatto che quello è l’amore e si fissa anche sull’idea che lei lo amerà e la insegue e lui è un uomo affascinantissimo, è un paladino, è un eroe, molto famoso. Lei s’innamora di un soldatino insignificante e lui quando lo scopre diventa pazzo, anche lui fa delle cose folli, si spoglia, si strappa i vestiti di dosso, va a combattere contro gli alberi. Fino a quando il cugino decide di cavalcare l’Ippogrifo e andare a recuperare il suo senno che è in un’ampolla. Orlando l’odora e si guarda e dice… ero pazzo, che vergogna!”.
“Anche questo non l’avevo notato, ecco cosa ha recuperato che sembrava mancasse. Mi sembrava che mancasse nel film mancasse nel film il significato per la nonna sarda del suo quadernino nero dove scriveva sempre perché lei inventa la storia con il reduce e mi sembrava impossibile recuperare quella parte del libro. Invece anche se non l’avevo capito, ha recuperato il valore della letteratura che è la vita nell’immaginazione. Se io non scrivessi, sarei pazza…Non da manicomio, però l’immaginazione è fondamentale, e non l’avevo colto. Avevo compreso che il marito aveva avuto un altro atteggimaneto”, continua l’autrice del libro.
“Trovo anche nel libro, parlando dell’amore, tutti parlano dell’amore, riviste, tutti lo cercano. Bisognerebbe fare una radiografia di questo termine, ma trovo nel libro che quello che si dice sia molto più concreto, un grande richiamo alle donne. Questo è stato uno choc leggendo il libro, chiama l’amore la cosa e chiede a Dio ‘la cosa principale’. Per lei la cosa è, lo stesso per uomini e donne, qualcosa fra il sacro e sessuale, qualcosa di mistico che è molto raro da trovare nella vita, ma è quest’estasi che non è una follia, che è la più bella ricerca che possiamo fare nella vita e dire un giorno se l’abbiamo avuto o l’abbiamo incontrato”, aggiunge la regista.
Nicole Garcia non trova nessun parallelo fra Mal di pietre e Madame Bovary. “Ho avuto la fortuna che nessun regista italiano abbia preso i diritti prima di me. Non è ambientato in Normandia come Madame Bovary, non paragono i due personaggi. Una è malinconica, urbana, no ha la forza vitale di Gabrielle, non ha le mani piene di calli e rughe come la protagonista del film”.
Nel libro di Mal di pietre poi è più evidente la differenza fra i due amori del film: “Nel libro ci sono le due cose, le parole e i fatti. È vero che la narratrice è la nipote, però c’è anche la testa dell’autore. Cioè la mia fa capire che lei non si rende conto di quanto lui valga, lei non si rende conto che lo ama. Nel libro lei inventa tutta la storia, la nonna è cosciente che la storia con il reduce è di parole, con il marito è di fatti”, ha specificato l’autrice.
Mal di pietre seppure non è ambientato in Sardegna, la ricorda nei colori del Mediterraneo: “Mi hanno detto che c’è molto blu nel film, una critica mi ha detto che ho inglobato così l’isola, la Sardegna”, ha raccontato la regista.
“Il mare c’è, c’è una scena in cui Gabrielle lo vede dalla finestra, quando si trasferisce. C’è uno scorcio di mare che guarda incantata, perché significa non avere un orizzonte, vedere l’infinito. Nel libro c’è quello in via Sulcis a Cagliari, lei guardandolo si chiede cosa sono i nostri piccoli problemi in confronto all’infinito. Ho capito che Nicole voleva parlare di quel pezzo, ed è la prima volta che nel film sorride”, specifica Agus.
“Non trovo che il film sia piaciuto più alle donne che agli uomini, può essere che le donne ci arrivino con più facilità. Ma non credo che ci sia meno sensibilità da parte degli uomini nel film… e no, spero che non esista una misoginia nel mondo della critica. Potrebbe, ma significa che bisogna ancora lavorarci su”, ha spiegato la regista.
“C’è qualcosa che manca nel mio adattamento, è il contratto un po’ pornografico che esiste fra lui e lei nel libro. Quest’immaginazione di cui si vedono gli effetti nella vita sessuale con il marito. Mi è sembrato che si sarebbe dovuto fare una saga o una serie TV, mi rammarico di non averlo messo, ma in un film di due ore era impossibile. Mi rincresce perché era una parte interessante del libro”, afferma la regista facendo autocritica.
In Mal di Pietre, l’attore catalano Alex Brendemühl ruba la scena ai ben più noti Cotillard e Garrel e sembra il personaggio più riuscito del film: “Penso che, invece, il personaggio del marito appare più forte nel film che nel libro. Gli spettatori che hanno visto il film in Francia, parlano molto più di José che di Gabrielle. Milena l’ha trattato un po’ in sottotono, io l’ho fatto risaltare. Per me è l’equilibro degli adattamenti”.
Mal di Pietre è stato realizzato quasi all’insaputa di Milena Agus: “Non ci siamo mai viste durante la scrittura, ho saputo che lo stavano girando leggendo sulla Nuova Sardegna. Mi sono detta… Oddio la nonna è Marion Cotillard. Anche se mi avesse interpellato le avrei detto di fare quello che riteneva opportuno. Non avrei saputo intervenire, sono due cose diverse”.
“È successa la stessa cosa per L’Avversario con Emmanuel Carrère che è anche un mio amico. Lui mi ha detto d’accordo, puoi prenderlo. Gli scrittori hanno un rapporto, non difficile, ma spesso sono al lavoro su altri progetti quando noi adattiamo i loro libri. Danno fiducia ai cineasti, lui mi ha chiesto perché lo facessi? Sono contento per i diritti, ma puoi basarti sugli atti del Tribunale. Ma era stato il libro ad affascinarmi e quindi ho acquistato i diritti”, spiega la regista.
Mal di pietre è un film d’amore, amore al femminile. Esistono dei registi che raccontano l’amore come le donne? “Ci sono registi uomini, scrittori, che sanno parlare benissimo d’amore. Assolutamente… e poi è casuale che siamo entrambe donne. Il personaggio del libro, Nicole dice che è sbiadito, è vero che l’attore qui è bravissimo, però nel libro il marito è molto affascinante e sa benissimo cos’è l’amore ed è un furbacchione, stipula il contratto amoroso”.
“Ho detto che era sottotono, penso che sia il personaggio più romantico del film sia lui, forse perché è il più folle. Non è detto che non esista, abbiamo invertito i due toni del libro e del film. Il personaggio del marito gioca un altro ruolo, si capisce che l’ha sopportato senza dirle nulla”, ha aggiunto la regista.
“Gli uomini parlano benissimo dell’amore, non si è dovuto aspettare il linguaggio delle donne per farlo. Le donne fanno parte della fase della creazione, ma bisogna evitare che le donne registe si ghettizzino, questo sarebbe contrario alla libertà di un cineasta di dire che esiste un cinema delle donne, questa è la cosa forse più misogina da dire”, ha concluso Nicole Garcia.
Mal di pietre è al cinema, distribuito da Good Films, il libro di Milena Angus è edito da nottetempo.











