Inaugurata a Roma la mostra “I sommersi. Roma 16 ottobre 1943”, a cura di Yael Calò e Lia Toaff, che vuole ricordare, emozionando, il rastrellamento del 16 ottobre 1943, quando l’esercito nazista prelevò 1022 cittadini ebrei strappandoli dalle loro case nel sonno senza pietà e distinzioni, deportandoli nei campi di Auschwitz e Birkenau. Lo scopo è il coinvolgimento emotivo dello spettatore che immediatamente si trova immerso in quel giorno di terrore osservando giornali, disegni, fotografie e oggetti di vita quotidiana di coloro che son sommersi, che non sono più tornati.
“La città di Roma non vuole dimenticare i fatti dolorosi che avvennero nel ‘43 e per questo sono in programmazione molte iniziative coordinate dal nostro assessore Miguel Gotor, affinché si possa scavare in profondità e restituire la memoria e la coscienza di quei fatti. – racconta il Sindaco di Roma Capitale Roberto Gualtieri– Questa è una mostra che ci consente di conoscere meglio la vita quotidiana delle vittime delle persecuzioni razziali, della macchina burocratica della morte.”
“La mostra prende il titolo dal libro di Primo Levi “I Sommersi e i salvati”, dove grande importanza assume la memoria che deve mantenere vivo in noi il ricordo di quegli avvenimenti. La forza di questa mostra è la sua vitalità. – spiega Miguel Gotor, Assessore alla Cultura di Roma Capitale – La forza di restituire un racconto di vita vera attraverso i ricordi.”
“Gli oggetti raccolti sono semplici, quotidiani, ma oggi ci raccontano la storia vissuta e la sede dei Musei Capitolini con il suo Archivio Storico è proprio il luogo che raccoglie tutti i documenti che sono memoria della città di Roma. – afferma Claudio Parisi Presicce, Sovrintendente Capitolino – I musei Capitolini sono uno spazio aperto per la città e la sua storia.”
In un allestimento sapientemente studiato, in cui all’interno di vetrine rivestite di carte da parati, che evocano le abitazioni private sono presentati disegni, fotografie, documenti, giornali e atti, in particolare documenti di identità, articoli di giornale, fonogrammi della Questura, elenchi dei deportati, liste delle abitazioni delle famiglie ebraiche che finirono nelle mani dei gerarchi nazisti, messaggi scritti dalle persone arrestate con i mezzi più fortuiti. La vita spezzata emerge attraverso la suggestione e la potenza evocativa di tanti oggetti di vita quotidiana, nella cui intimità esplode la forza narrativa della storia: stoviglie, abiti, anelli, orologi, foto di famiglia, pagelle scolastiche. Si conserva anche il biglietto consegnato alle famiglie ebraiche la mattina di quel giorno con le istruzioni che erano tenute a seguire frettolosamente al momento del “trasferimento” e della confisca dei beni.
Ad amplificare la suggestione i sanpietrini disegnati sul pavimento, il rumore incessante della pioggia che quel giorno bagno la città e che insieme spingono il visitatore a ricordare e ad immedesimarsi nel dolore e disperazione dei “sommersi”.
“Questi eventi tragici hanno segnato la nostra storia e hanno coinvolto famiglie di tutte le estrazioni sociali, accomunati da quel tristissimo viaggio senza più ritorno. Tutta la città fu coinvolta e molti quartieri furono rastrellati. – racconta il Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Roma, Riccardo Di Segni – quando si rievoca la storia accanto al sentimento della pietà, bisogna pensare ai fatti compiuti, per riuscire così a migliorare la società in cui viviamo.”