Esistono molti modi per andare alla scoperta del mondo. Uno e’ certamente la fotografia. Ma quello visto attraverso gli occhi (e l’obbiettivo) di Christian Tasso e’ un mondo che racconta la bellezza della diversita’ e la ricchezza delle storie di chi ne e’ protagonista. In occasione della Giornata Internazionale delle persone con disabilita’ del 3 dicembre e dopo le tappe alle Nazioni Unite a Ginevra e poi Milano e Venezia, approda a Roma “Nessuno escluso”, personale del pluripremiato fotografo Christian Tasso, classe 1986, che dal 4 dicembre al 16 gennaio porta nelle sale di Palazzo Merulana il frutto di cinque anni di lavoro dai quattro angoli del mondo, dal Nepal a Cuba, dall’Oriente all’Italia, per riscrivere il concetto di “normalita’”.
Un viaggio in quindici paesi e una ventina di scatti (rigorosamente in bianco e nero, su pellicola e sviluppati manualmente in camera oscura), nato dopo l’incontro, nel 2014, con Nicola Barchet, presidente del cda della GIesse Risarcimento danni ma anche papa’ di una bimba nata con disabilita’, che e’ diventato un viaggio di relazioni umane e di profondo rispetto verso l’altro. Prima di quell’incontro “nel mio lavoro avevo un approccio impegnato, di denuncia verso alcune realta’”, racconta Tasso presentando il progetto insieme a Alessandra Mauro, direttore editoriale della casa editrice Contrasto e direttore artistico della Fondazione Forma per la Fotografia di Milano e Leonardo Iacovelli, Managing Partner Iacovelli and Partners.
“Ero convinto – dice il fotografo – di essere nel giusto a evidenziare certi aspetti, ma Barchet mi ha fatto notare che cosi’ non facevo il bene di quelle persone e mi ha convinto a ribaltare il punto di vista. Il tema della disabilita’ riguarda il 15% della popolazione, un miliardo di persone nel mondo. Non tutti sono super eroi, non tutti sono vittime ma tutti soffrono degli stereotipi della narrazione. Ho cercato quindi un altro modo in cui le persone si potessero sentire raccontate. Ho chiesto proprio a loro come volevano essere fotografate. E molti hanno scelto una situazione di normalita’, con la famiglia e gli amici”.
Ne e’ nato il racconto di “una variegata umanita’ e della disabilita’ come caratteristica – commenta Letizia Casuccio, direttrice generale Coopculture – Una mostra universale che fa dell’inclusione la chiave di volta per immaginare il futuro”. Come per il meccanico di Cuba, cui la vita ha portato via la vista ma puo’ ancora capire i problemi di un’automobile solo ascoltando i rumori del motore. O la giovane professionista di arti marziali del Paraguay, che viaggia il mondo e segue libera la sua passione, per nulla condizionata dalla Sindrome di Down. O i fratelli Morocho in Ecuador, che alle pendici del vulcano sembra aspettino solo il momento in cui dovranno fuggire da casa per un’eruzione. “Mi interessava cercare la bellezza in una tematica che in genere alla bellezza non viene associata”, prosegue Tasso. Ecco allora il Masai Manase, diventato il rappresentante dei disabili in Kenya, poi “incontrato a Ginevra alle Nazioni Unite”. O il motociclista della Mongolia, fiero in sella non al cavallo, come ci si aspetterebbe in una popolazione nomade, ma alla sua fiammante due ruote.
“In Mongolia ho percorso 6 mila chilometri, bussando iurta per iurta – prosegue l’artista – Volevo indagare anche il rapporto tra disabilita’ e religione. Spesso queste persone sono considerate magiche. Li’ invece non importa chi tu sia, ne’ che eta’ tu abbia, e’ lo spirito che sceglie. Un messaggio complesso che rappresenta in pieno l’idea del ‘nessuno escluso'”.
Dalla mostra e’ nato anche il volume pubblicato da Contrasto nel 2020, con il testo critico di Alessandra Mauro e una riflessione sulla diversita’ dello scrittore Giuseppe Pontiggia.