Mostre: memoria e rinascita all’ex Carcere di S.Stefano

Delogu Mariniello e Keita raccontano un dolore lungo 170 anni

Mura a rinchiudere i corpi ma non il pensiero, sbarre che lo sguardo ha oltrepassato per spingersi al mare. E poi la natura maestosa di una minuscola isola sferzata dal vento, solitaria ma collegata al destino dell’Europa. Sono immagini capaci di restituire in modo quasi fisico, senza retorica, l’intensita’ di una sofferenza durata 170 anni, quelle che compongono la mostra “La memoria del dolore.

Un progetto di rinascita”, allestita dal 19 maggio al 13 giugno al Museo Nazionale Romano Terme di Diocleziano e dedicata al racconto della storia dell’ex carcere borbonico di Santo Stefano, isolotto a un miglio marino da Ventotene. A cura di Marco Delogu, il percorso espositivo e’ stato inaugurato questa mattina alla presenza di Dario Franceschini, ministro della Cultura, e Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio, e si compone degli scatti realizzati sull’isola dallo stesso curatore e da Mohammed Keita e Raffaela Mariniello. La mostra offre anche l’occasione di fare il punto sul progetto di recupero che il governo ha affidato al commissario straordinario Silvia Costa per trasformare l’ex carcere di Santo Stefano, istituito nel 1795 e attivo fino al 1965, in un complesso in cui diffondere cultura italiana ed europea, produrre arte e sperimentare pratiche sostenibili. Un progetto che il ministro Franceschini ha definito “una grande sfida italiana, per valorizzare un’isola in cui e’ passata la storia d’Italia e d’Europa e per disegnare il futuro di un luogo europeo al centro del Mediterraneo” e per il quale il presidente Zingaretti ha annunciato lo stanziamento di “parte dei tanti fondi disponibili con la nuova programmazione europea”.

Negli imponenti spazi delle Terme di Diocleziano le immagini dell’isola e del carcere ormai in degrado sottolineano una dimensione umana di sofferenza e alienazione (qui sono stati reclusi detenuti comuni ma anche prigionieri politici e patrioti) che trasuda dai luoghi stessi ritratti negli scatti e che ora finalmente viene ricordata. La narrazione fotografica offre tre sguardi distinti e complementari: mentre Delogu si sofferma sulla costruzione di un percorso lungo i luoghi dell’isola, ma sempre in relazione con il mare, la vegetazione e la luce naturale, Keita (ex minore non accompagnato, con un passato difficile in cui ha subito anche la carcerazione in Libia e a Malta, che ha trovato in Italia la salvezza) ha privilegiato l’osservazione delle strutture, come il suggestivo Panopticon, mentre Mariniello ha interpretato gli interni di celle e del locale della tessitura con una intensita’ non comune. Integrano il percorso le testimonianze scritte di alcuni reclusi “eccellenti”, come Sandro Pertini e Luigi Settembrini, oltre a un video sul futuro di Santo Stefano realizzato dal regista Salvatore Braca.

“Abbiamo affidato questa mostra a tre sguardi artistici diversi, che hanno restituito il dolore, la costrizione, le violenze, la solitudine. Ma abbiamo voluto anche ricordare il direttore illuminato che negli anni ’50 diresse il carcere di Santo Stefano, Eugenio Perucatti: lui per primo penso’ a una pena che fosse espiazione ma anche resurrezione e rivoluziono’ quel carcere duro, immaginando una ‘scuola di alti pensieri’ che ora con il progetto di recupero e’ anche il nostro obiettivo”, ha detto Silvia Costa.

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