Musei Capitolini, Pinacoteca: per la prima volta a Roma un capolavoro di Jacopo Tintoretto

Il prestigioso prestito, proveniente dall’Accademia di Venezia, fa ingresso per la prima volta nella Pinacoteca dei Musei Capitolini per essere ammirato dal pubblico romano

Fino al 3 dicembre sarà possibile visitare presso la Sala dei veneti nella Pinacoteca dei Musei Capitolini, il maestoso dipinto del celebre pittore veneziano Jacopo Robusti(Venezia 1519 -1594), detto il Tintoretto. Posto nella sala accanto ai dipinti del figlio Domenico, emerge per la sua potenza espressiva e la plasticità dei soggetti. Un’occasione unica per ammirarlo grazie all’importante accordo tra la Sovrintendenza Capitolina e le Gallerie dell’Accademia di Venezia, prestigioso museo, a cui invece è stato straordinariamente concesso in prestito il Battesimo di Cristo di Tiziano dei Musei Capitolini. Una collaborazione fruttuosa che ha portato ad un reciproco scambio culturale grazie alla circolazione temporanea di opere d’arte e all’arricchimento di entrambi i musei.

 

“Una collaborazione che nasce dal desiderio di rendere sempre nuova e ricca di spunti culturali la visita ai musei Capitolini – spiega il Sovrintendente Capitolino, ClaudioParisi Presicce – Questa è un’occasione unica per ammirare Jacopo Tintoretto, che non è presente in nessun altro museo pubblico della Capitale. Il pittore si mostranella sua fase più matura in cui è recepita la capacità figurativa di tradizione michelangiolesca. Emerge la sua capacità coloristica e soprattutto il suo nuovo linguaggio pittorico di grande potenza e modernità, che sarà ripreso dal figlio. In questa stessa sala è, infatti, possibile ammirarequattro opere di Domenico Tintoretto, in un confronto che ci aiuta a capire ancor meglio i due artisti.”

 

Tintoretto interpreta l’episodio della Deposizione della croce, non riportato dai Vangeli, ma presente nella letteratura mistica medievale, riducendo il numero dei personaggi in una composizione più serrata: Giuseppe d’Arimatea tiene Gesù per le spalle, accanto Maria Maddalena allarga le braccia sopra il gruppo in un gesto di disperazione, mentre Maria sostiene sul grembo le gambe del Figlio esanime, ma un profondo dolore la coglie ed è quasi accasciata a terra, sorretta da una donna, forse Maria di Cleofa. Un’accentuata teatralità pervade tutto il dipinto grazie alle figure possenti e monumentali, insieme ad un incisivo cromatismo con forti alternanze di luci e ombre, studiate spesso con l’ausilio di modellini in cera o creta.

 

“Questa è un’opera che ci fa conoscere la genialità del pittore – spiega la curatrice, Federica Papi – che sceglie di rappresentare un momento unico nella narrazione, poiché riesce a cogliere il momento intermedio tra la fase del compianto e quello della deposizione. Il gruppo di figure maschili e femminili si intrecciano in pose e gesti teatrali emozionando lo spettatore. Due linee parallele tra i personaggi maschili e femminili si intrecciano solo in basso nel formare una croce ideale con la sovrapposizione dei corpi di Maria e di Cristo. Evidente è il richiamo alla Pietà di Michelangelo, artista sempre ammirato dal pittore veneziano. Da sottolineare il dettaglio della mano della Vergine Maria che tocca il piede di Gesù in un gesto di amore, ma anche di profonda umiltà e devozione. È importante ricordare che la grande tela fu eseguita per l’altare maggiore della prima chiesa gesuita di Venezia, Santa Maria dell’Umiltà alle Zattere, soppressa nel 1806 e demolita nel 1821.”

 

Nella sala III, sala dei veneti, Jacopo Tintoretto incontra così il figlio Domenico, di cui sono esposti quattro dipinti, Maddalena penitente, l’Incoronazione di spine, il Battesimo di Cristo, mentre la Flagellazione è assente per concessione al prestito. Senza dimenticare di visitare le altre sale adiacenti come la Sala VI con capolavori di artisti della scuola bolognese, come Carracci e Guido Reni, e la Sala di Santa Petronilla con il grande dipinto Deposizione di Santa Petronilla di Guercino, altre opere del maestro, e i grandi capolavori di Caravaggio.

 

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