Renato Zero gladiatore a Roma: a settembre 4 concerti al Circo Massimo

L'annuncio è stato dato in Campidoglio, nel corso della presentazione del nuovo disco, 'Abbi fede'.

Inarrestabile Renato Zero. Mai cosi’ prolifico, mai cosi’ desideroso di mettere in parole e musica i suoi pensieri, la sua voglia di liberta’, la sua necessita’ di esserci. Ieri come oggi. Dopo il triplo cd uscito durante la pandemia per celebrare i suoi 70 anni, il re dei sorcini tira fuori dal cilindro un nuovo progetto, Atto di fede, un libro e un doppio cd in arrivo l’8 aprile.

E poi l’annuncio di quattro date al Circo Massimo a settembre (il 23, 24, 25 e 30) per festeggiare il compleanno tondo con due anni di ritardo (“Ci ho pensato a lungo: non volevo vendere un biglietto e tenerlo in tasca per due anni senza rimborsarlo. Gli artisti hanno una responsabilita’ anche in questo”).

Quasi una bulimia artistica che per il cantautore potrebbe essere spiegata come “una paura del calendario, che suggerisce di non lasciare spazi vuoti. Ho paura tra un po’ di non avro’ piu’ le gambe e di finire a languire in studio di registrazione. Non voglio rinunciare alla speranza, i 72 sono piu’ preziosi dei 18. Il futuro e’ piu’ corto del passato, ma voglio essere vivo e presente quando lo vivro'”. Il disco, che gia’ dal titolo fa intuire il mondo spirituale nel quale si immerge a fondo Renato Zero, e’ una raccolta di 19 brani inediti di musica sacra scritti e composti dallo stesso Zero per altrettanti testi e riflessioni di quelli che definisce gli ‘Apostoli della Comunicazione’, persone di pensiero e azione: Alessandro Baricco, Luca Bottura, Pietrangelo Buttafuco, Sergio Castellitto, Aldo Cazzullo, Lella Costa, Domenico De Masi, Oscar Farinetti, Antonio Gnoli, Don Antonio Mazzi, Clemente J. Mimun, Giovanni Soldini, Marco Travaglio, Mario Tronti, Walter Veltroni, con le voci narranti di Oscar Farinetti, Pino Insegno, Giuliana Lojodice, Marco Travaglio, Luca Ward. Voci e anime diverse, “accomunate forse solo dalla poesia”, spiega l’artista che non ha voluto sentirsi solo in quello che considera un traguardo inseguito da tempo: “accarezzare Dio da vicino. Fargli i complimenti per aver mantenuta intatta la mia fede. Ogni volta che salgo sul palco faccio il segno della croce come forma di protezione, affinche’ io possa dare il massimo. Ringraziarlo anche per il dolore, che capiamo solo dopo essere inciampati nel buio. Il contatto con Dio e’ individuale, senza mediazioni. Rispetto sacerdoti e chiesa, ma il rapporto con il Signore e’ molto personale e la fede ci da’ il coraggio di osare”. Difficile incanalare il Renato che canta gli uomini, le loro debolezze, la loro umanita’. E il disco, come il concerto, e’ l’occasione per parlare di molto altro. E allora se il Circo Massimo “premia la mia romanita’, mi faccio gladiatore per conquistare ancora una volta l’applauso, ogni sera con un marchio diverso dello spettacolo perche’ di Renato ce n’e’ uno e tutti gli altri son nessuno (smarcandosi cosi’ da paragoni con altri artisti che si sono esibiti nell’arena romana in passato)”, e’ anche il modo per puntare il dito contro una “politica invadente che mi ha fatto sentire straniero nella mia citta’” e che ha “tolto voce ai romani”

. E allora perche’ “non spostiamo il governo a Torino? Perdiamo il titolo di capitale d’Italia? Che ce frega, Roma e’ gia’ capitale del mondo. Liberiamo la citta’ e riconsegniamola ai romani”. “Ci siamo ammalati di silenzio – continua -. Anch’esso probabilmente contagioso. Un silenzio che sbarra le porte e lascia il posto all’inquietudine. Ci siamo ammalati di indifferenza. Ci siamo addormentati. E cosi’, oggi, ad ammalarsi e’ il nostro futuro – e’ la sua filosofia -. La maggior parte dei signori che hanno in mano il potere spesso disattendo i nostri bisogni e le nostre necessita’. C’era puzza di polvere da sparo gia’ da prima della guerra in Ucraina. I conflitti non ammettono individualismo ne’ liberta’, annientano le differenze”.

L’Atto di fede, dunque, non deve essere solo in un Dio magnanimo che riesce sempre a perdonarci, ma anche “nel nostro operato, nella capacita’ di riaccostarci gli uni agli altri, altrimenti sara’ impossibile sconfiggere il fantasma del covid e altre future possibili condizioni che ci costringeranno al silenzio imposto”. Uno dei pochi silenzi che gli e’ stato imposto, lui che e’ stato vittima di censura senza chinare mai la testa, e che ancora fatica ad accettare e’ stata la chiusura del tendone di Zerolandia nell’82. “La tradizione del Natale a Zerolandia era innocua, aggregava il bisogno di religiosita’ con lo spettacolo. Avrei voluto mantenerlo in piedi per sempre. Ma quando diventi sempre piu’ grande e indipendente, sei visto come un pericolo. Anche Gigi Proietti ha pagato cara la voglia di mettersi a disposizione degli altri: la sua scuola fu chiusa, qualcuno prese il suo posto al Brancaccio. Lo abbiamo pianto, ma qualcuno ora ha un problema in meno. La censura e’ il tentativo deplorevole di controllo sulla cultura”.

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