Figure umane, animali e paesaggi affrescati da artisti raffinati con colori eccezionali, dal verde, al giallo e al turchese, sono emersi a Roma durante i Restauri della Basilica Sotterranea di Porta Maggiore, pepita d’oro archeologica della prima meta’ del primo secolo dopo Cristo edificata a nove metri di profondita’.
A dare luce a questo tesoro su cui hanno lavorato gli esperti della Soprintendenza nei due anni di chiusura provocata dalla pandemia e’ ora un progetto innovativo a base di led di vari colori e gradazioni che crea chiaroscuri tra il bianco affascinante dei bassorilievi a stucco, i pavimenti a mosaico bianco e nero e i volumi architettonici e ripropone l’ azzurro dell’abside, in origine dipinto con un pigmento molto costoso, la fritta egizia che venne asportata gia’ in antico. Il pubblico potra’ ammirare gli interventi recenti di recupero e l’effetto della nuova illuminazione per tre soli giorni, dal 18 al 20 marzo con visite su prenotazione per gruppi fino a 15 persone (www.coopculture.it). Poi sara’ avviato un nuovo cantiere per i Restauri sulla navata sinistra che andranno avanti almeno fino alla fine dell’ estate per una riapertura prevista alla fine dell’ anno.
”La Basilica e’ un luogo unico al mondo per la sua natura sotterranea, resa ancor piu’ affascinante dal mistero sul suo uso – dice Daniele Porro, Soprintendente Speciale di Roma -. Da oltre un secolo archeologi e storici discutono se si tratti della sede di culti misterici o di un monumento funerario, ma le due funzioni potrebbero aver convissuto”. La basilica – 12 metri per tre, a tre navate, scoperta il 23 aprile 1917 in seguito a un cedimento della linea ferroviaria Roma-Cassino- – sorge nella zona degli Horti Tauriani, di proprieta’ della famiglia degli Statilii, una delle piu’ ricche e famose dell’ epoca. Il capostipite era Tito Statilio Tauro, amico di Augusto, accusato di pratiche magiche da Agrippina, la madre di Nerone, e morto suicida nel 53 dopo Cristo per non subire l’onta del processo. Le ipotesi sulla funzione della basilica sono due: appunto un edificio funerario della famiglia; o una basilica neopitagorica sulla base delle decorazioni dell’ abside, per le immagini di Saffo che si uccide gettandosi dalla rupe di Leucade, di Apollo, e di una nereide e un tritone che l’ accolgono, e sotto con sotto una vittoria alata, un momento che fa pensare a un passaggio a una nuova dimensione, alla trasmigrazione dell’ anima.
”E’ il primo monumento pagano di forma basilicale che conosciamo a Roma – spiega il direttore Anna de Santis – . La sua fortuna e’ che non se ne sapeva nulla e non ha subi’to, percio’, le spoliazioni che hanno avuto nel tempo altri monumenti. Si e’ conservata ed e’ arrivata a noi cosi’ com’ era, piena di terra”. E’ stato volutamente lasciato visibile all’ altezza di piu’ quattro metri il segno del riempimento naturale e delle infiltrazioni quando gli Statili caddero in disgrazia e la basilica fini’ nell’ oblio. Gli interventi finanziati da due societa’, una svizzera e una italiana, e dalla Soprintendenza hanno richiesto alcuni milioni di euro e per la nuova fase richiederanno circa settecentomila euro. E’ stato anche ricreato l’ unico punto da cui filtra la luce solare, il lucernario che riproduce la forma della basilica. Lavorando con il laser sulle parti in rilievo realizzate quasi solo con la calce i restauratori hanno dovuto procedere con molta attenzione perche’ con il tempo perche’ la maggiore percentuale di legante utilizzata per l’ interno era svanita trasformando gli stucchi in gusci vuoti.
Le decorazioni e gli affreschi nella fascia rosso cupo nella parte inferiore del vestibolo testimoniano mani molto esperte. ”Alla basilica hanno lavorato grandissimi artisti e artigiani dell’ epoca dalla tecnica estremamente raffinata – osserva Chiara Scioscia, che ha diretto gli interventi con Mariangela Santella -. L’ eleganza delle stucchi e delle figure e’ la stessa che ritroviamo a Pompei. Nonostante le lacune ci fanno capire che abbiamo a che fare con una scuola di grande qualita’ e l’ importanza del committente”. Anche l’ illuminazione, curata da Carolina de Camillis e Riccardo Fibbi, enfatizza il risultato. ”E’ stata posta molta attenzione alle radiazioni negative – hanno spiegato – per evitare la crescita di organismi indesiderati e per tutelare gli affreschi. La luce colorata, non sempre accettabile, in questo caso ha un significato filologico perche’ ripropone il blu perduto dell’ abside”.