Ritratto di famiglia con tempesta è l’ultimo film del regista giapponese Kore-eda Hirokazu: il protagonista è Shinoda Ryota, un padre che fa di tutto per riguadagnarsi l’amore e l’affetto del figlio e della moglie nel corso di un tifone.
Kore-eda Hirozaku ha raccontato spesso il mondo delle famiglie anche nei film precedenti Father And Son, Little Sister, il regista ha confidato la sua idea di famiglia: “Non posso rispondere per l’idea di famiglia che esiste in Giappone, ma posso parlare di me, negli ultimi dieci anni della mia vita: ho avuto vari eventi familiari come la perdita di mia madre e il fatto di aver avuto un forte senso di perdita derivato dal fatto che forse non sono stato il figlio che avrei voluto essere nei suoi confronti”.
“Successivamente è nata mia figlia, io sono diventato padre e mia moglie è diventata madre, e c’è stato quindi uno sviluppo di quello che è successo e in pratica quello che è venuto a mancare è stato riempito con un altro tipo di rapporto, si tratta di un giro metaforico, viene a cambiare il ruolo che noi abbiamo nella famiglia stessa e ci troviamo a riempire ciò che era mancato con lo scorrere del tempo e dentro di me è cominciato a germogliare questo tipo di percezione è quello che vedete riflesso nell’arco delle ultime mie opere”, ha sottolineato il regista giapponese.
Anche in Ritratto di famiglia con tempesta ci si emoziona, come tratta il cineasta giapponese le emozioni nei suoi film:
“Devo dire che nel caso di Little Sister essendoci già un’opera originale da cui ho creato questa trasposizione cinematografica in realtà si trattava di scegliere quali scene trasportare sul grande schermo partendo dall’opera originale. L’approccio è totalmente diverso nel caso in cui scriva qualcosa di originale, man mano che scrivo la sceneggiatura faccio svariate scoperte all’interno di una serie di situazioni e creo una serie di reazioni chimiche e le osservo. Un po’ come si può fare con il documentario, l’obiettivo non mi è chiaro dall’inizio, a volte quello che mi sembrava chiaro sparisce. Sul set, spesso brancolo nel buio, si tratta di capire come ci si riesce a ottenere il meglio, da queste situazioni di brancolare ed è un po’ quello che faccio nei miei film”, ha spiegato il regista.
Il bambino nel film vorrebbe vedere il padre crescere, sembra che il piccolo Yoshi sia più maturo del papà:
“Se mi dovesse essere chiesto se questo è un film che simboleggia la speranza dei bambini, in realtà non è così. Sia i bambini che i personaggi non hanno raggiunto il futuro che avevano voluto, il futuro che loro desideravano non è più raggiungibile. E anche il bambino non ha un sogno in particolare. Nella mia accezione si trattava di capire anche quello che fosse un comportamento, di voler diventar qualcosa e di non esserci riuscito. L’attore protagonista non ha perso del tutto la speranza, anche la madre continua a incoraggiarlo”, specifica il regista.
Il cineasta giapponese chiarisce la metafora del baseball usata nel film:
“Invece il ragazzino si è accontentato, non vuole fare un home run, ma voglio fare un walk, nel baseball la camminata fino alla base senza azioni spettacolari. Abbiamo tre generazioni a confronto, tre generazioni che s’interfacciano con la realtà”, ha chiarito il regista.
In Ritratto di famiglia con tempesta, amore e coppia giocano un ruolo importante, una delle citazioni riguardo a questa tematica cita la pittura a olio:
“Quella è una battuta che mi ha detto una mia amica e l’ho inserita nel film. Nell’approcciare la creazione di questo film ho fatto varie ricerche, questo film si basa su una serie di interviste a varie donne che hanno divorziato e il cui ex marito non pagava gli alimenti. All’interno di queste persone c’era una forma d’amore che sembrava sparito, ma rimaneva. Lì c’è anche un divario nel rapporto, questo tipo di rappresentazione, qualcosa rimanga anche dopo che si crede che sia sparito, è un riflesso di questo film per l’approccio che ho avuto a questo film”, ha chiarito il regista giapponese.
Il personaggio della madre in Ritratto di famiglia con tempesta è quello più riuscito del film, il regista ha confermato che è legato alla figura di sua madre:
“Direi di sì, sia per questo film che per Still Walking, che è uscito in sala in Giappone nel 2008, c’è una sovrapposizione fra mia madre e quella del film. L’attrice, Kiki Kilin, è la stessa, e il personaggio del grande schermo è una via di mezzo, è un 50% l’attrice e 50% mia madre. La sua personalità, il fatto che si lasci andare alla pazienza e all’abbandono sono un frutto di un mix di tutto questo”.
L’attrice ha cambiato approccio per interpretare la madre di Ritratto di famiglia con tempesta:
“Quando ho iniziato le indagini nelle case popolari giapponesi, mi ha chiesto un oggetto personale di mia madre per aumentare il potenziale dell’immagine di mia madre nella sua interpretazione e io le ho portato gli occhiali di mia madre che utilizzava dopo essere diventata presbite. Me l’ha proposto, nel film quando porta gli occhiali, sono quelli di mia madre. Rivedendo quella scena, mi è sbalzato al cuore, in alcuni momenti mi sembrava mia madre. Non so se sia stato positivo o negativo, ma c’è stata questa commistione fra il suo personaggio e mia madre”.
In tutti i film del cineasta c’è sempre qualcosa di non detto, il regista ha spiegato come l’utilizza nei suoi film:
“Alla fine secondo me non so se si tratti di una caratteristica peculiare dei giapponesi, ma spesso si finisce per non dire le cose, perché spesso se si proferisce parola si finisce per mentire. Nel film il personaggio del padre mente spesso quando parla, chiede scusa o è una forma di vanità. Non dice quello che vorrebbe esprimere veramente. Quando scrivo una sceneggiatura, tengo sempre molto a questo aspetto dell’essere umano. Ho idea che il descrivere, il proporre e ritrarre qualcuno che non dice le cose che non pensa sia l’aspetto più realistico ed è per questo che si ripropone spesso nelle mie opere”.
Ritratto di famiglia con tempesta può contare su un cast molto affiatato, alcuni attori sono noti ai fan del regista, come Kiki Klin e il protagonista Abe Hiroshi:
“Per quanto riguarda il cast, avevo già lavorato con i due protagonisti, Abe e Kilin, in Still Walking. Finite le riprese avevo pensato che mi sarebbe piaciuto riutilizzare loro due sempre nello stesso rapporto madre e figlio ma dopo che fossero passati alcuni anni: così è stato. La sceneggiatura l’ho scritta basandomi su loro due. Gli altri attori ho visto la loro interpretazione in altre opere e li ho scelti basandomi su questo. Il bambino l’ho scelto in un casting e ho optato per quello con la voce più piccola”
La famiglia gioca un ruolo importante nei suoi film, ma il regista giapponese sta per cambiare stile:
“I miei ultimi film sono stati degli home drama, dunque drammi ambientati in casa, ma il prossimo film sarà un dramma di natura giudiziaria. Il protagonista è un avvocato, l’episodio ha a che vedere con un omicidio e ci sarà l’interazione fra l’accusato e la famiglia della vittima”.
In Ritratto di famiglia con tempesta, la moglie del personaggio principale appare ostile, per il regista non succederebbe la stessa cosa in Giappone:
“Non credo che il pubblico giapponese, soprattutto le donne, siano così gentili nei confronti di un uomo così. Ne abbiamo parlato con Abe, e abbiamo deciso che ha una percentuale negativa, una percentuale che poteva essere odiosa. Alla fine abbiamo stabilito che il personaggio di Abe era al 60% odiato e al 40% perdonabile, abbiamo pensato che se avessimo creato un personaggio odioso all’80% nessuno l’avrebbe guardato fino alla fine. Abbiamo deciso di lasciarlo al 60 e al 40, chissà magari in Italia le percentuali sono 70-30, 80-20”.
Il regista, come si legge nella nota stampa, per lanciare Ritratto di famiglia con tempesta ha detto: “Se quando morirò, Dio dovessi chiedermi cosa ho fatto di buono su questa Terra gli farei vedere questo film”
“Non ho detto propriamente così, credo di aver detto una frase più semplice, cioè se Dio mi chiedesse cosa ho fatto gli direi che avrei fatto questo film. Cioè nell’arco della mia carriera, ormai sono all’11esimo film, posso dire che i miei film sono come dei miei figli, sono dei figli che amo a cui voglio molto bene. Questo film è più vivido per me, è il figlio che maggiormente recepito il mio codice genetico, questo perché come succede con i bambini, ci può essere quello che somiglia di più, quello che è riuscito meglio, parlando dei film. Ma questo film è quello che mi somiglia di più, si avvicina alle mie esperienze”.
Se così è, qual è il personaggio che assomiglia di più al regista:
“Più che dire quale personaggio è più simile a me, diciamo che ha giocato una grossa componente il fatto che il film sia stato girato nei luoghi in cui sono cresciuto. E il fatto che sullo schermo siano state riportate delle battute di mia madre, ha avuto un riverbero importante per me. È un film che è pieno di ricordi per me”.
Il personaggio principale non è diventato quello che sognava da bambino, il regista ci racconta se è riuscito nell’intento di diventare quello che voleva essere da più piccolo:
“Mi ricordo da bambino che mia madre mi diceva di non diventare come mio padre e io stesso volevo non volevo esserlo. Volevo essere responsabile, qualcuno che facesse sentire la propria presenza nella mia famiglia. Come lavoratore sì, sono riuscito a diventare quello che desideravo, come uomo di famiglia mi sono avvicinato di più a mio padre perché non riesco a espletare le mie responsabilità all’interno della famiglia, anche se non gli assomiglio, ho finito per assomigliarli”.
Shingo, il bambino protagonista è molto maturo per la sua età:
“Sì è così, nelle storie che io scrivo, i bambini sono adulti e sono stati privati dell’età dell’infanzia. Non conosco il titolo giapponese del film che ha citato, Anche i bambini ci guardano, ma a me piace che a guardarci siano i morti e i bambini. Nel mio caso, mi piace che a guardarci siano i morti e i bambini, cioè le persone che non sono più con noi e i bambini ci guardano, questo mi piace”.
Il tifone e il baseball sono usati come metafore, il regista l’ha in parte confermato:
“Direi di sì, questo dipende anche dalla persona che ha visto il film e cosa ha percepito. E poi vi ha detto che sono io quel bambino che punta al walk invece che all’home run. Al di là della metafora, nel mio team io ero il battitore con più approcci al walk rispetto agli altri. Mentre per il tifone, invece, ricordo quando abitavo nei danni, nelle case popolari giapponesi, quando arrivavano questi tifoni potentissimi, la mattina dopo andavo a scuola con la mia cartella e l’erba delle aiuole sembrava purificata. Nulla era cambiato, ma sembrava purificato, sia il baseball che i tifoni sono riportati in questo film all’interno dell’accezione di questi miei ricordi”.
Il film, distribuito dall’indipendente Tucker Film, e vi aspetta in sala il 25 maggio. Il regista giapponese
“Se ritorno indietro negli anni, la mia carriera è iniziata nel 1995 quando una mia opera debuttò alla Mostra del Cinema di Venezia. La mia carriera è iniziata in Italia, ho ricevuto positive molte positive lì. Questo mi ha permesso di fare altri film in questi 22 anni, tutto ciò ha un enorme significato per me. Ha avuto un enorme significato per me e per l’Italia, all’università studiando i film di Fellini mi hanno spinto a voler studiare Cinema e naturalmente il Paese che ha dato le idee a Fellini per realizzare le sue storie. Il fatto che la mia opera più recente sia proiettata nei cinema italiani mi riempie di gioia”.
Il meraviglioso Ritratto di famiglia con tempesta vi aspetta al cinema il 25 maggio, distribuisce Tucker Film.