Con la morte di Cesare Romiti alla veneranda età di 97 anni viene ricordato un lungo periodo della storia industriale del Paese che l’ha visto, indubbiamente, un incontrastato protagonista nel bene e nel male.
Dopo l’esperienza nelle cosiddette, all’epoca, partecipazioni statali, al gruppo edile Italstat, nel 1974 approda alla Fiat, dove resta al vertice per venticinque anni.
Nell’autunno caldo promuove la marcia dei quarantamila, che lo identifica come ‘’manager di ferro ’’, esponente della linea dura con i sindacati, che risulterà vincente e confermerà il suo potere incontrastato nel gruppo di Gianni Agnelli, mietendo vittime illustri.
Dopo Carlo De Benedetti, che ha dovuto lasciare dopo appena 150 giorni di dualismo gestionale con Romiti, sarà poi la volta di Vittorio Ghidella, a cui non bastò il successo della ‘’Uno’’, da lui inventata, per restare alla guida della Fiat Auto. Con lo stesso Umberto Agnelli, fratello dell’ ‘’avvocato’’, non visse una facile stagione.
Alla capacità gestionale, caratterizza dal pugno di ferro che, come alcuni giornalisti ricordano, entrava persino nel giornale del gruppo, ‘’La Stampa’’, Romiti non si dimostrò altrettanto valido ad individuare la strategia del gruppo. Portò infatti avanti una diversificazione delle attività, che ha sottratto fondi allo sviluppo del core business, e che poi Sergio Marchionne dovette smontare pezzo su pezzo.
Gli anni di Tangentopoli rappresentarono una fase delicata e costarono al gruppo una condanna di falso in bilancio, poi revocata nel 2003 quando non era più un reato penale.
Ambienti vicini alla famiglia Agnelli ricordano che l’ ’’avvocato’’ restò molto amareggiato dalla milionaria buonuscita ‘’pretesa’’ da Romiti, grazie alla quale arrivò al controllo delle Holding finanziaria Gemina – a cui faceva capo anche Rcs -, ed entrò nel business delle infrastrutture, come azionista di Impregilo e di Aeroporti di Roma.
L’esperienza imprenditoriale diretta, condotta insieme ai figli, non risultò però fortunata, tanto che alla fine Romiti fu costretto a cedere tutte le partecipazioni, confermando i limiti della sua capacità imprenditoriale, nonché umana, tanto nella vita come nel lavoro.