Rosso Istanbul, Ferzan Ozpetek racconta il suo film

In sala il 2 marzo, l’11° titolo è interamente girato nella città turca. Insieme a lui i protagonisti

Rosso Istanbul Ferzan Ozpetek racconta il suo film
Rosso Istanbul, Ferzan Ozpetek sul set

Rosso Istanbul sarà in sala il 2 marzo, è l’undicesimo film di Ferzan Ozpetek, il regista l’ha presentato oggi a Roma insieme agli attori protagonisti. Interamente girato nella città turca, Rosso Istanbul è basato sull’omonimo libro del regista scritto nel 2013. La storia si apre con una data, non scelta a caso, il 13 maggio 2016, “vent’anni dopo” rispetto a Il bagno turco.

Nel film ci sono molti elementi nel film che ricordano la vita del regista, per esempio il trasloco: “In ogni film devo mettere una casa. Quelle scene mi hanno fatto molto effetto, gli oggetti coperti con il lenzuolo, mi sono ricordato quando avevo otto, nove anni e abbiamo lasciato la casa dove avevamo vissuto perché doveva costruirci un palazzo. Ricordo una mezza paura di vedere oggetti coperti così”.

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La casa sul Bosforo

Una casa in riva a Bosforo che presto verrà liberata è al centro di Rosso Istanbul, proprio lì il regista ha passato la sua infanzia, come il suo Deniz: “L’attraversavo a nuoto e dopo 5 metri tornavo. Ci sono molte cose della mia Turchia, quella che conosco, la Turchia laica e non so per quanto tempo sarà così. Il film si apre con una data: 13 maggio 2016 perché in questa data la città è così, non perché cambierà esteticamente, ma cambierà in molto e le persone. Il 13 maggio 1996 era, poi, l’inizio de Il bagno turco”.

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Le madri del sabato che chiedono che fine abbiano fatto i loro figli scomparsi

Eppure la Turchia di oggi è totalmente diversa: “Non volevo raccontare qualcosa di ovvio, potevo raccontare gli scontri. A Istanbul non senti nulla di quello che ti arriva dalle notizie, avverti una sospensione e ho provato a raccontarla. Fra sei mesi la politica può cambiare totalmente, la cosa a cui tenevo di più erano le persone: i curdi, il regista, le madri del sabato, un argomento quasi intoccabile, la scomparsa, l’assenza e nell’atmosfera volevo dare la sensazione della sospensione. Se la raccontassi oggi, forse ci metterei un po’ di angoscia c’è, qualcosa di strano nell’aria c’è”.

La Turchia di Ataturk appare lontana: “Qualche giorno fa hanno permesso alle donne militari di coprirsi, ho sorriso perché dieci anni fa si era messo in discussione che non era democratico non lasciare che le donne con il velo non potessero né lavorare in posti statali, né andare all’Università. Perché Ataturk aveva fatto una legge, nel 1923, che vietava alle donne di coprirsi il volto. La legge è stata cambiata, diventiamo democratici, però le cose cambiano e non sappiamo dove arriviamo: cosa succederà? Basta che non sia obbligatorio il velo”.

La colonna sonora è affidata a Giuliano Taviani e Carmelo Travia, conta su un brano della cantante tedesca Hildegard Knef In diesel Stadt, ma spesso è soppiantata dai rumori di una città in crescita: “Taviani ha fatto delle musiche bellissime e abbiamo riempito di musica ovunque. Il mio sound designer turco mi ha chiamato e mi ha detto che aveva registrato i rumori nelle zone dove ho girato il film. Mi ha chiesto se volessi ascoltarli”.

“Da casa mia, quella di Neval nel film, ascoltavo il rumore della trivella e ho deciso di mettere questo leitmotiv nel film e Taviani l’ha inserita”. Istanbul, dunque, non è solo rappresentata in tutti i suoi colori, ma anche nei suoi “rumori”: “Mentre stavamo al missaggio, volevo eliminare la colonna sonora e inserire solo rumori. Quando vedi una città, non la vedi, lo senti e te ne accorgi dalle notizie”.

Per Ozpetek, Rosso Istanbul è un film molto particolare: “Per me c’è un cambiamento, non so perché mi è venuto così. C’era un modo più facile di emozionare e di raccontarle, c’era una musica bellissima quando l’auto esce fuori dal grattacielo, quella scena in Turchia aveva una musica”.

Non solo rumori, i protagonisti del film sono in costante crescita nel corso del film, come ricorda uno dei protagonisti Deniz: “L’abbiamo tutti noi registi, questa capacità di mettere, togliere, levare, qui i personaggi prendono in mano il destino delle cose”.

Istanbul appare in tutti i suoi colori, specialmente il rosso del titolo, già visibile dallo smalto della madre del regista, Süleyya: “Mia madre ha subito un’operazione, per tre quattro anni, ha avuto un fisioterapista, si è innamorata di questo ragazzo: lei aveva 83 anni, lui 26. Lei che si vestiva sempre di nero e indossava solo smalto trasparente e perle, all’improvviso mi ha chiesto: portami la tuta rossa con le tre righe, uno smalto e un rossetto rosso. E quando le ho chiesto che tipo di rosso volesse mi ha detto: Chanel, rosso cielo d’Istanbul e quando ho iniziato a scrivere il libro l’ho usato subito”. Il colore rosso la fa da padrone nel film: “Ci vari tipi di rosso, la bandiera, nei mercati, ma quello dell’alba e del tramonto è particolare, per questo il titolo”.

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Il tramonto “rosso Istanbul” sul Bosforo

Presenti a Roma, anche tre dei protagonisti del film. La prima a prendere la parola è l’attrice Tuba Büyüküstün: “Neval è una carissima amica di Deniz, si conoscono da tempo e molto bene. Credo che per via di questo legame, Neval sente che c’è un perché in quello che lui ha fatto, le motivazioni profonde di in un gesto così potente. Deniz ama molto la vita e riprogettare le vite altrui, questo Neval lo sa molto bene. Posso parlare per lei, Neval sa stare dentro la finzione e ci mette dentro il suo carattere”.

Halit Ergenç interpreta il protagonista, lo scrittore esiliato Orhan, che torna a Istanbul dopo vent’anni: “Un personaggio che non fa parte del libro, arriva su richiesta e gli succede di tutto. Deniz fa un’affermazione molto forte: i personaggi li decide lui e sceglie cosa fanno, ha invitato Orhan sapendo il potere che poteva esercitare sulla sua vita anche per modificarla. In realtà, durante il film, dopo la scomparsa di Deniz, vediamo tutti i personaggi attraverso gli occhi di Orhan, una panoramica attraverso la sua riflessione, in fondo vediamo l’anima profonda di Deniz. Anche se sembra che i personaggi prendano l’iniziativa e riescano a modellare il proprio destino, io penso che si tratti di un cambiamento voluto da Deniz”.

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Il cast al maschile del film

Mehmet Günsur è l’enigmatico Yusuf e aveva già lavorato con Ozpetek: “Vent’anni fa il mio primo film e quello di Ozpetek, abbiamo iniziato a girare insieme nella stessa data. Vivo a Roma da 17 anni grazie a Il Bagno Turco, è una grande responsabilità interpretare un personaggio già esistito: nel mio caso non esiste più da tre anni. È una responsabilità verso quel personaggio che è già esistito, è molto delicata l’interpretazione. Questo film è un omaggio di Ferznan a Istanbul, a tutti i valori che ha e ci sono tutti i personaggi, tutti hanno un pezzo di Ferznan, l’unione di tutti loro forse ci avvicina di più a lui, Ognuno di noi aveva qualcosa di lui. È stata bella come esperienza, anche dopo 20 anni”.

Ergenç aggiunge: “Mi permetto una riflessione come attore: all’inizio guardando il film, ci sono moltissimi personaggi, ognuno con le proprie esperienze e storie, ma in realtà, se ci fate caso, vedete una caratteristica di Ferznan, la sua personalità, una parte di lui in ognuno dei personaggi che insieme compongono Ferznan come il regista che conosciamo. Tutti i personaggi e le loro esperienze sono rispecchiate in lui e insieme compongono il regista e l’uomo come lo conosciamo. La figura emergente è il vissuto di Ferznan e la sua personalità”.

Il Rosso Istanbul è presente in ogni inquadratura, lo smalto che Süleyya indossa: “Deniz Gokturk Kobankay è la scenografa di Argo, bravissima. Lei la prima cosa che mi ha portato, mi ha detto in ogni inquadratura mettiamo un rosso o anche una tonalità diversa. Ci sono altri colori che tendono al rosso”.

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L’abito scarlatto di Neval

Nel film, poi, l’arte e l’architettura sono molto presenti: “In Turchia c’è uno sviluppo incredibile sull’arte, ci sono tantissime gallerie, pittori, scultori. Ci sono gallerie del Nord Europa o americane che organizzano delle mostre su giovani artisti turchi. A me poi, la pittura interessa molto: all’inizio della mia vita, ho vissuto vendendo i miei quadri, dipingendo”.

Quanto al colore: “È importantissimo, anche la sua assenza. Ogni volta, con il direttore della fotografia, parliamo di pittura, dei quadri, io gli faccio vedere e c’è una ricerca dietro”.

Anche le collane giocano un ruolo nel film, i tre amici Deniz, Yusuf e Neval. “Sono fatte da un mio amico di Lecce, un gioielliere, che ha realizzato un pumo, una cosa piccola che porta bene. Deniz ha regalato questa collana ai suoi amici, l’ho regalata ad altri e si scherzava su questa cosa: quindi regalare la collana voleva dire che era stato con lui”.

Rosso Istanbul, dedicato alla madre di Ozpetek morta tre anni fa, il regista racconta una città diversa da come l’immaginiamo e sulla scelta di nomi: “Orhan non è dedicato a Pamuk, il regista è Deniz l’abbiamo preso sceneggiatrice.

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