Teatro di Nerone: la sorprendente scoperta che modifica la topografia di Roma antica

Conosciuto finora solo grazie ai racconti degli scrittori antichi, è possibile ora confermare l’esistenza del Theatrum Neroni grazie ai ritrovamenti nel cortile del rinascimentale Palazzo della Rovere in via della Conciliazione.

Il celebre Palazzo della Rovere finito su tutti i giornali lo scorso anno per l’appalto milionario ottenuto dalla compagnia Fort Partners/Four Seasons, di proprietà al 75% di Bill Gates, con un contratto da 35 milioni di euro in 27 anni con l’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme per la realizzazione di un hotel di super lusso, torna ora a meravigliare per una importante scoperta archeologica. Dal suo cortile emergono i resti di alcune porzioni dell’antico teatro di Nerone, dopo tre anni di indagini archeologiche e interventi di riqualificazione iniziati nel 2020 per riportare il palazzo rinascimentale della Rovere, o meglio dei Penitenziari, all’originaria bellezza in accordo tra l’Ordine del Santo Sepolcro e la Soprintendenza Speciale di Roma, dopo anni di incuria. 

“È una scoperta di eccezionale importanza – commenta Daniela Porro, soprintendente speciale di Roma – che testimonia il luogo dove Nerone provava le sue esibizioni poetiche e canore, noto da fonti antiche, ma mai ritrovato. Di grande interesse anche i rinvenimenti medioevali di questa importante area della città”.

L’imponente Palazzo, che si apre su via della Conciliazione, fu costruito alla fine del Quattrocento sul suolo dove in antico si trovavano le proprietà imperiali degli Horti di Agrippina maggiore, per volere di Domenico della Rovere, cardinale al tempo di Sisto IV. Su disegno probabilmente dell’architetto Baccio Pontelli prese ispirazione dall’austero Palazzo Venezia e nella metà del Seicento fu acquistato dai Gesuiti Penitenzieri da cui prese il nome attuale. Oggi vi ha sede l’Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme che ne è proprietario e ha esortato fortemente i lavori di recupero del Palazzo. 

In antico gli Horti di Agrippina maggiore occupavano una vasta porzione di terreno dalle pendici del Gianicolo fino al Tevere, tanto che l’imperatore Caligola vi costruì un grande circo per le corse dei cavalli, il cui obelisco al centro della spina è l’attuale Obelisco vaticano collocato al centro di piazza San Pietro da Sisto V. In seguito, Nerone, ricevuti in eredità i possedimenti imperiali, avrebbe fatto erigere il suo teatro, di cui oggi abbiamo la conferma dell’esistenza ed esatta posizione, per soddisfare il suo estro poetico e teatrale nel mettere in scena esibizioni canore come ci racconta Svetonio e ne dà conferma anche Plinio. Ancora Tacito racconta l’episodio dubbio che qui l’imperatore avrebbe cantato la rovina di Troia durante l’incendio del 64 d.C.    

Lo scavo archeologico condotto dalla Soprintendenza speciale di Roma, guidato dall’archeologa Marzia Di Mento, sotto la direzione scientifica prima di Renato Sebastiani e poi di Alessio De Cristofaro ha riportato alla luce un’ampia porzione che riguarderebbe la parte sinistra del teatro. Riconoscibile è la cavea a emiciclo, dove sedevano gli spettatori, per la forma curvilinea e le mura radiali con vari punti di accesso e di scale. Restano tracce della scaenae frons, quindi il palcoscenico e di due ambienti collegati più piccoli con pavimento a spina di pesce, probabilmente utilizzati come depositi per il materiale scenico. L’apparato decorativo doveva essere sontuoso e riconducibile sicuramente ad una committenza imperiale per le grandi colonne scanalate e capitelli in marmi pregiati, qui rinvenuti, le eleganti decorazioni a stucco con foglia d’oro e le pitture. I bolli laterizi presenti ne confermano la datazione agli anni di Caligola e Nerone. L’analisi stratigrafica fa inoltre comprendere che il complesso, già dai primi anni del II secolo, fu depredato con un sistematico recupero di materiali già dal II d.C. come testimoniano le cinque colonne in marmi pregiati (bianchi e colorati) rinvenute coricate e vicine.

Di incredibile valore sono anche i ritrovamenti di età medievale, probabilmente riconducibili alla Schola Saxonum, che dava ospitalità ai numerosi pellegrini che si recavano presso la tomba di San Pietro: rari esemplari di calici vitrei a colonnetta usati a scopo liturgico, brocche e materiale ceramico, ossi lavorati per creare strumenti musicali e cerniere per mobili, i grani di rosari e le insegne. Vi è l’intenzione, al termine dell’indagine archeologica, di rendere fruibili al pubblico i reperti mobili grazie ad un allestimento museale all’interno di Palazzo della Rovere, mentre le strutture del teatro purtroppo saranno rinterrate, sia per ragioni conservative che di statica del palazzo, dopo essere stati correttamente documentati e fotografati.

© StudioColosseo s.r.l. - studiocolosseo@pec.it
Il Sito è iscritto nel Registro della Stampa del Tribunale di Roma n.10/2014 del 13/02/2014