The Party esce oggi al cinema distribuito da Sally Potter, l’ultimo film è un bellissimo affresco in bianco e nero della società di oggi, interamente girato dentro una stanza con attori perfetti e perfettamente diretti. La regista ha parlato del film e della sua carriera in un’intervista durante la Festa del Cinema di Roma.
Il titolo di The Party in inglese si può tradurre come la festa e il partito perché il film parla di politica: Janet invita i suoi amici a casa per festeggiare il suo nuovo incarico di ministro della Salute nel governo ombra inglese. È insolito di questi tempi parlare di politica nei film:
“Credo che tutti abbiamo la politica nei nostri corpi, non è qualcosa di lontano da noi che si trova solo in Parlamento o al Congresso, è qualcosa che viviamo tutti i giorni. In questo momento, non mi sono mai trovata in una situazione in cui tutti i miei amici parlano di politica, sia di Brexit, di Trump, della situazione in Spagna. Le persone sono molto vive dal punto di vista politico in questo particolare momento storico”.
Non c’è il rischio, parlando sempre di politica che non si dica nulla d’interessante?
“Parlando dei miei amici sono interessati alla vita politica, ma il film parla di altro. Ci sono molti problemi politici da un punto di vista comico e tragico, ma non è un’affermazione politica o una lezione, non è didattico o polemico. È una commedia che si basa sull’osservazione della verità e della bugia”.
The Party chiude in una stanza un gruppo di amici, tutti quanti dell’upper class e ognuno dei quali con un sospeso sconosciuto agli altri. Un film molto teatrale, la politica può essere una sorta di metafora?
“Sì, o una sorta di microcosmo, un modo indiretto di guardare a problematiche politiche, ma penso che in un lavoro di finzione non è un’equazione matematica, x equivale a questo… facendo questo ottieni caricature stereotipate e… stupidità. Sto provando a essere più intelligente su questo, sulla complessità degli esseri umani nel tentativo di vivere una vita sincera”.
La verità è al centro del film, solo uno dei personaggi sembra essere al 100% sincero, la schietta April, interpretata da Patricia Clarkson:
“Anche il suo personaggio nasconde qualcosa che è un individuo tenero e sensibile! C’è sempre una differenza fra come ci presentiamo e come ci sentiamo, ma la sua funzione nel film è simile a quella del coro nel teatro greco. È una sorta d’intermediario fra pubblico e dramma, lei dice quello che gli altri pensano, che gli spettatori stanno pensando”.
The Party è girato in bianco e nero “perché lo amo!”, risponde la regista: “È così bello, intenso, puoi fare delle cose bellissime con la telecamera, puoi usare la luce estrema o il buio estremo, è una sorta di realtà astratta che noi percepiamo come tridimensionale. Per me il bianco e nero è un miracolo di percezione fra l’occhio e il cervello”.
The Party può contare su un cast ricchissimo: Kristin Scott-Thomas è la padrona di casa Janet, Timothy Spall è il marito Bill, la già citata Patricia Clarkson è April, sposata con il vessato Gottfried (Bruno Ganz), Cillian Murphy è l’enigmatico Tom, e, infine, Cherry Jones ed Emily Mortimer sono la coppia Martha e Jinny. Come ha scelto il cast?
“Ho scritto la sceneggiatura senza immaginare nessun attore nello specifico perché questo può essere qualche volta una trappola e finisci per andare nella direzione sbagliati. Ho provato a realizzare i personaggi come sarebbero dovuti essere e poi è iniziato il processo fantastico di scelta degli attori: chi può impersonificarli? E ho pensato: ah, Bruno Ganz che fa il guaritore invece di Hitler! Come sarebbe utilizzare Kristin Scott Thomas con la sua capacità di vulnerabilità e tragedia, invece, di essere una snob nascosta sotto una patina. Bisogna studiare questi attori, le loro qualità e dove possiamo andare con tutto questo”.
Scrivendo la sceneggiatura ha pensato ad alcuni scandali politici del passato:
“Li avevo in mente, pensavo a Bill Clinton e altri casi. Ce ne sono stati molti, penso che la vita politica abbia un’area vulnerabile che è anche molto personale ed è qui che le persone possono cadere. Penso anche che le pressioni della vita politica, dell’essere visibile e apparire forte e onnisciente porta un bisogno di connessione umana e sessuale. Penso sia una trappola in cui le persone cadono spesso nella loro vita politica, e credo che fosse nella mia testa mentre lo scrivo”.
La politica appartiene a The Party anche nelle fasi di ripresa, il film di Sally Potter è stato girato mentre si votava la Brexit:
“Eravamo a metà riprese e le persone erano molto tristi a causa del risultato: piangevano perché questo film aveva un cast e una troupe internazionale. Un esempio di lavoro e vivere senza barriere e Brexit le riporta e dire no, mentre il lavoro a un film vuol dire sì e cooperare tutti insieme. Non ha cambiato lo script, sapevamo che stava facendo, ma tutti abbiamo sentito che il significato acquisiva più senso ed era più intenso perché The Party parla di divisioni nelle relazioni e Brexit parla di questo. Abbiamo sentito che era più metaforico, molti attori mi hanno chiesto se mentre lo scrivevo ero stata profetica e io ho risposto: no, stavo solo ascoltando!”.
La regista inglese non sceglierebbe nel suo cast Theresa May, l’attuale PM inglese:
“Veramente no, ci sono degli attori fantastici, ci sono molti politici che sono attori, ma preferisco lavorare con quelli veri!”.
I politici, secondo la regista, continuano a vivere sotto pressione:
“Penso che essere in una posizione di potere metta enorme pressione e responsabilità, c’è la differenza dei social media e questa prolificazione di immagini. Non è possibile nascondersi, tutto è costantemente un ciclo, questo rende la politica più stressante e veicola il messaggio in modo migliore… se ne hai uno”.
Tornando a The Party, la musica gioca un ruolo particolare nel film ed è scelta da uno dei protagonisti:
“Sarebbe la vita di Bill, quello che ama e ascolta, quando era giovane c’è la relazione con Cuba e il black jazz, la sua relazione con il mondo. Ed è una musica che adoro, ho pensato desse colore a una storia così tipicamente inglese”.
Inevitabilmente scrivendo un film lo sceneggiatore mette un po’ di se stesso nel film:
“Spero di essere in ognuno e in nessun luogo, non è un autoritratto, il tuo primo dovere come scrittore è immaginarti nei panni di un personaggio diverso da te ed è così che si dà vita a un personaggio. È interessante mettersi nei panni di un malato terminale o in quelli di un banchiere che tutti odiano, o essere incinta con tre gemelli. Questa è la chiave, trovare l’umanità comune che significa che c’è una parte di me in tutti e viceversa, siamo tutti una parte l’uno dell’altra”.
Nel film uno dei protagonisti dice che la democrazia è finita, la regista inglese è contraria:
“No, non lo credo, ma ha molti problemi, Brexit ne è un chiaro segnale. Meno del 60% di persone ha votato, solo il 50% di questi ha votato no, quindi la maggior parte non ha p
reso parte alla decisione, quindi all’improvviso la democrazia non rappresenta il popolo”.
In The Party, Sally Potter ama tutti i personaggi:
“Amo tutti ugualmente, amo tutti gli attori, ogni volta che lo vedo ho una relazione diversa, un apprezzamento differente anche se ho scritto, corretto e diretto tutto. Adoro il guaritore, all’inizio parla usando cliché new age, ma è l’unico gentile con tutti. O Cillian Murphy, un personaggio cattivo all’apparenza, ma molto umano e vulnerabile e Kristin Scott Thomas, ogni volta ch Elo vedo ho un’aberrazione per la sua mancanza di vanità”.





















The Party è da oggi al cinema, distribuito da Academy Two… ed è imperdibile.