Giancarlo Santalmassi per Inpiù
Paolo Villaggio e’ morto. E con lui se ne va il simbolo dell’Italia degli sfigati e dei complessati. I suoi colloqui col ‘signor direttore’ seduto in alto, dietro un’imponente scrivania, che parla verso il basso, rasoterra, all’impiegato che chiede di esprimere la propria dignità contorcendosi sopra una poltrona a sacco, di quelle ripiene di segatura che non trovavano mai stabilita e costringevano i malcapitati che vi si sedevano contorcendosi alla ricerca di un equilibrio sempre precario, tanto in voga negli appartamenti borghesi anonimi e sempre pronti al conformismo estetico.
Addio a chi aveva avuto il coraggio, con sprezzo del pericolo e urlo liberatorio, all’ennesima visione del film imposto dall’intellighenzia di sinistra di certe aziende, che trainava per conformismo i salotti buoni di un’Italia conformista…..”La corazzata Potiomkin e’ una cagata pazzesca”. Addio a quell’omino paffuto, col basco anche a letto, con la moglie esile, la figliola orrenda come una scimmia, sempre affannato e che dopo una vita di lavoro deriso, malpagato e stalkerizzato (quando nemmeno la parola stalker era nel vocabolario) il giorno dopo l’andata in pensione si precipita, come in possesso di un riflesso pavloviano all’ingresso dell’ufficio, sbattendo inesorabilmente contro una porta chiusa per sempre. Addio Villaggio: Fracchia, poi diventato Fantozzi, sono stati un po’ – almeno una volta – tutti noi.