Gli agriturismi del Lazio sono con l’acqua alla gola. Per effetto del Covid, i dati sono drammatici: -35% per le vendite dirette e -70 per gli altri comparti. Situazioni simili anche nelle altre regioni. E i ristori spesso sono riusciti solo ad arginare una situazione che oramai va avanti da un anno.
Secondo il Rapporto Agriturismo e Multifunzionalità 2020″ realizzato dall’Ismea nell’ambito della Rete Rurale Nazionale, l’86% delle aziende dichiara di aver subito una riduzione dei ricavi complessivi (con perdite oltre il 50% dei ricavi per un terzo). Ma il 22% dichiara di aver aumentato rispetto al 2019 le richieste di prodotti aziendali da parte di persone del luogo (residenti in un raggio di circa 150 km dall’azienda) e di un quinto da parte dei clienti già fidelizzati. Tutti elementi, secondo Ismea, facilmente riconducibili alla particolare situazione creata con le limitazioni imposte dalla normativa anti-Covid19: nei mesi più duri della crisi gli agriturismi si sono affidati al mercato interno e hanno trovato una risorsa, forse non preventivata, nella domanda di prossimità. Nonostante situazione perdurante di crisi, l’indagine rileva quindi una dose non scontata di moderato ottimismo verso il futuro: se infatti il 43,9% degli imprenditori dichiara attualmente di voler “limitare i danni e attendere che tutto ritorni come prima”, il 27,4% vuole “rilanciare l’azienda con nuove strategie” e il 9,6% “pensa che ci saranno nuove opportunità”.
E ora c’è paura che cosa succederà nelle prossime settimane. Perché se è vero che i provvedimenti che l’esecutivo si appresta a prendere per arginare i contagi non avranno effetti sul prossimo week end, per Pasqua sarà quasi impossibile muoversi. Il lockdown di Pasqua costerebbe oltre 400 milioni a ristoranti, pizzerie ed agriturismi con quasi 7 milioni di italiani che tradizionalmente quel giorno consumano il pranzo fuori casa. A pesare sui bilanci della ristorazione sono anche le chiusure dei fine settimana primaverili che valgono in questo momento – sottolinea la Coldiretti – l’80% del fatturato. Tra l’altro, i bilanci di queste aziende sono state già ridotti al minimo dallo smart working, dall’assenza di turisti e dalle chiusure forzate nelle zone a rischio.