Almaviva: terzo Natale senza lavoro, flop ricollocazione

Su 1.666 solo 127 lavorano a tempo indeterminato, ora scade Naspi

Sono trascorsi due anni da quando, proprio a ridosso delle feste di fine anno, si consumò il più grande licenziamento collettivo italiano degli ultimi 25 anni. Da quel 22 dicembre 2016, però, non molto è cambiato nella vita della maggior parte dei 1.666 ex lavoratori del call center Almaviva di Roma. In tanti, infatti, hanno appena passato il loro terzo Natale senza lavoro.

“Siamo in grossa difficoltà, nessuno ci segue più, nessuno ci ricorda più, nessuno ci vuole materialmente più”. Si sfoga così Vincenzo Pellegrini, che non è ancora riuscito a trovare lavoro e vive con la Naspi (l’indennità di disoccupazione), ma anche questa tra pochi mesi scadrà definitivamente. Vincenzo fa parte di quei lavoratori che hanno aderito sin da subito al piano di ricollocazione Anpal-Regione Lazio. Un progetto con bonus occupazionali, incentivi all’auto-imprenditoria, assegno di ricollocazione e interventi di politica attiva. Dopo quasi due anni, però, 1.049 ex operatori del call center romano sono ancora disoccupati (il 65%) e solo in 127 sono stati ricollocati con un contratto a tempo indeterminato.

Dai dati forniti dall’Anpal – aggiornati al 15 novembre 2018 – emerge che dei 1.666 lavoratori in esubero, ad oggi, ufficialmente gli occupati sono 526. Di questi, 276 hanno un contratto a tempo indeterminato, ma più della metà (esattamente in 149) fanno parte di un gruppo reintegrato in Almaviva a seguito di un ricorso. A questi, si aggiungono 35 lavoratori (pari al 2% dei licenziati) che hanno aderito a percorsi di autoimprenditorialità. Fra loro c’è Sabrina Linzi che ha deciso di aprire un bar.

“Purtroppo ho seguito quel maledettissimo percorso. Non solo non sono stata aiutata – ha raccontato – ma pur avendo presentato in tempo tutta la documentazione non sono riuscita subito a rientrare tra i progetti approvati perché in Regione era stata smarrita la mia pratica. Ho perso tempo e denaro”. Fra i licenziati Almaviva c’è anche Raffaele Di Leva, 65 anni: “ero nella parte del progetto che aiutava ad andare in pensione anticipata, ma non è andata bene”. Raffaele oggi un lavoro ce l’ha, ma grazie a un amico che gli ha dato una mano. Per Alessandra De Joan, 54 anni e un figlio di 21 all’università, invece, le cose sono ancora ferme da dicembre 2016. In quei giorni, da Almaviva le arrivò una tredicesima di 350 euro (a fronte di uno stipendio che regolarmente arrivava fino a 750 euro), oggi prende 348 euro di Naspi ma a gennaio resterà anche senza quest’unico sussidio. Grazie al progetto di ricollocazione, Alessandra ha seguito corsi di formazione e fatto un unico colloquio, un anno fa, presso un call center ma non è stata mai richiamata. Interpellato sul caso Almaviva e sulla situazione dei lavoratori licenziati, l’assessore regionale al lavoro, nuovi diritti e politiche per la ricostruzione, Claudio Di Berardino (per anni alla guida della Cgil di Roma e del Lazio), ha risposto: “questa cosa è importante, noi ci stiamo lavorando. Quando avremo finito offriremo un quadro di dati, con le cose vere, sia quelle belle che quelle brutte”. Solitudine e senso di abbandono sono gli stati d’animo che più accomunano questi lavoratori. “I sindacati? Dopo i licenziamenti sono spariti – dice Vincenzo Pellegrini – In tanti avrebbero avuto bisogno d’aiuto, anche solo per presentare la domanda di Naspi”. I sindacati delle tlc continuano a denunciare come il comparto dei call center sia uno dei più esposti ai problemi della delocalizzazione e della concorrenza sleale sul costo del lavoro e da mesi chiedono un incontro (slittato già due volte) al ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio. (Fonte Ansa)

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