Procedimenti penali, inefficienze nello sviluppo dell’Information Technology, possibile indisponibilità di mezzi per la raccolta dei rifiuti a causa dell’invecchiamento del parco veicoli. Sono questi solo alcuni dei rischi che pendono come una spada di Damocle sulla testa di Ama, la controllata del comune che gestisce i rifiuti urbani e i servizi cimiteriali. Lo riferisce la Relazione sul governo societario, che accompagna i bilanci 2017, 2018 e 2019 e che è stata approvata dall’assemblea dei soci lo scorso 28 aprile.
Bilanci in profondo rosso
Nel documento l’elenco dei potenziali rischi aziendali è decisamente lungo e lascia trapelare non solo la mala gestio del passato, ma anche la disattenzione del Campidoglio nel controllare una partecipata che ha un valore della produzione da quasi 800 milioni. Con 251 milioni di perdite registrate fra il 2017 e il 2019, dopo 549 milioni di rosso nel biennio 2015-2016.
Per non parlare poi dello scaricabarile fra Comune e Regione per identificare le aree per lo sviluppo dei nuovi impianti, necessari per abbattere i costi di gestione di Ama che brucia circa un quarto del bilancio per pagare imprese per lo smaltimento di parte dell’immondizia raccolta. “Sulla carta c’è un piano industriale che prevede nuova impiantistica, nella realtà non è stato fatto nulla. Si sono persi inutilmente cinque anni con una gestione più politica che non economica di un’azienda che meriterebbe più attenzione non solo per il ruolo che svolge, ma anche perché impiega circa 7mila persone”, spiega Alessandro Russo, sindacalista della Fp Cgil Roma e Lazio.
Il Campidoglio latita
Nel documento le problematiche aziendali e le responsabilità politiche emergono in maniera chiara: si va dai rischi come ritardi nell’ottenimento e nel rinnovo delle autorizzazioni richieste da Ama alla pubblica amministrazione per ristrutturare i vecchi impianti alle possibili omissioni del pagamento del diritto fisso sui trasporti funebri fuori comune, a causa del mancato adeguamento del quadro regolamentare da parte di Roma Capitale per il rilascio del permesso di trasporto.
E poi ancora, a problematiche di continuità nell’erogazione dei servizi di raccolta dell’immondizia per indisponibilità degli impianti per il conferimento dei rifiuti fino a possibili insufficienze del sistema crematorio, privazione del diritto dello ius sepulcri per inutilizzabilità del patrimonio cimiteriale a causa di insufficiente disponibilità di risorse economiche da destinare alle manutenzioni ordinarie e straordinarie.
Una vera disfatta che culmina nelle difficoltà finanziarie del gruppo. Non a caso la relazione chiede a Roma Capitale di mettere mano al portafoglio. La ragione? Esiste “un potenziale rischio di liquidità e la mancanza di continuità aziendale con riferimento all’orizzonte temporale dicembre 2020 – dicembre 2021, laddove l’azionista non intervenga puntualmente a sostenere finanziariamente l’Azienda relativamente al pagamento della rata finale del Finanziamento, c.d. Linea A, in scadenza al 31 dicembre 2021, attualmente pari ad euro 110,8 milioni”, come si legge nel documento.
Un piano di risanamento da 156,4 milioni
Che la situazione di Ama non sia rose e fiori è del resto noto da tempo. Ma impressiona l’elenco delle criticità rilevate anche dalla Corte dei conti che nella delibera 22 del 2021 mette in guardia sui “possibili riflessi sul bilancio del socio pubblico che rendono ineludibili le ridette attività di verifica delle posizioni ancora pendenti delle quali dovrà essere data approfondita informazione alla Sezione all’esito dell’approvazione del rendiconto 2020”.
Nel dettaglio, secondo la memoria del 5 marzo 2021 redatta dal Campidoglio, il Piano di risanamento di Ama prevede un aumento del patrimonio per 156,4 milioni. “Tale aumento dovrebbe avvenire attraverso rinuncia al credito da anticipazioni finanziarie di euro 106,4 milioni vantato da Roma Capitale verso la società – con effetto sulle riserve di Patrimonio – e attraverso conferimento in denaro per euro 50 milioni” come spiegano i magistrati contabili. Inoltre è previsto un “finanziamento soci in conto futuro aumento di capitale sociale di euro 100 milioni da convertire in aumento di capitale entro il mese di giugno 2021. Nelle more della conversione, l’importo troverà iscrizione nelle altre riserve”. Infine, uno “stanziamento su tre annualità (bilancio 2021/2023) dell’importo di euro 100.000.000,00 in un apposito fondo denominato ‘Fondo Accantonamento investimenti, impianti per le società partecipate'”.
Si tratta, in buona sintesi, di una serie di operazioni finalizzate a consentire all’azienda di sostituire l’indebitamento a breve termine con le banche con una maggiore dotazione patrimoniale coerentemente con gli investimenti aziendali previsti dal piano industriale. A latere della ristrutturazione finanziaria c’è poi una rivisitazione del contratto di servizio accompagnata dalla riconciliazione di crediti e debiti nei rapporti con il Campidoglio. Facile a dirsi, ma davvero un’impresa titanica che passa anche per una complessiva pulizia di bilancio. Un fiume di denaro che, come evidenziano i magistrati contabili, impone “da parte dell’Amministrazione, una rigorosa valutazione ex ante non solo in ordine all’idoneità del Piano ai fini del superamento della crisi aziendale e del raggiungimento delle condizioni di riequilibrio economico, patrimoniale e finanziario della società nell’arco temporale predefinito, ma anche della sostenibilità dei relativi oneri in capo al bilancio pubblico”. Anche se di mezzo ci sono le elezioni e un possibile cambio di guardia al Campidoglio.