Si apre una nuova era in Atac. Dopo Giovanni Mottura arriva a guidare la municipalizzata romana dei trasporti pubblici Arrigo Giana, manager a capo dell’ Atm, società statale dei trasporti milanesi. Un giro di poltrone fra boiardi di Stato? Neanche per sogno perchè nonostante la difficoltà dell’incarico, Giana non lascerà Atm, ma semplicemente raddoppierà le poltrone. Il manager non sarà infatti a tempo pieno, ma si dividerà fra Roma e Milano. Forte anche di un’esperienza di non poco conto nei trasporti locali laziali: il rilancio dell’azienda dei trasporti pubblici Cotral. Del resto per il sindaco Roberto Gualtieri, il doppio incarico non è un problema. Anzi è un’opportunità per realizzare risparmi grazie ad un’alleanza fra Atm e Atac. In che modo? Ottenendo sconti sui prezzi di listino per l’acquisto dei nuovi bus ad impatto ambientale zero o di strumentazioni tecnologicamente avanzate che rendano le due municipalizzate al passo con i tempi. Non si capisce però la ragione per cui questo accordo sugli acquisti non potesse svolgersi solo in campo commerciale e non anche attraverso la moltiplicazione delle poltrone. Per non parlare del fatto che appare difficile immaginare l’assenza sul mercato di manager di adeguato livello che però fossero a tempo pieno. Ma non finisce qui.
Secondo le prime indiscrezioni, Giana avrà l’incarico di dettare le linee guida del rilancio di Atac. Non dovrebbe avere incarichi operativi che resteranno nelle mani del direttore generale dell’azienda dove potrebbe arrivare a stretto giro il manager Atm, Alberto Zorzan, uomo di fiducia di Giana. E qui c’è un punto dolente : l’incarico dell’attuale direttore di Atac, Franco Giampaoletti, terminerà solo all’inizio del 2024. E, anche in questo caso, il manager non ha alcuna intenzione di mollare anzitempo la poltrona. Per il sindaco Gualtieri si prospetta quindi un braccio di ferro. Con tanto di possibile contenzioso e penale al seguito. Non è la prima volta del resto che una municipalizzata subisce l’impatto del cambio di inquilino al Campidoglio. Anzi.
Il caso di scuola è decisamente Acea, che, nonostante sia quotata in Borsa, subisce sistematicamente il passaggio di consegne delle chiavi di Roma Capitale. Vale la pena di ricordare la storia recente, indipendentemente dal colore politico. Nel 2008, all’indomani della tornata elettorale, l’allora sindaco Gianni Alemanno decise di cambiare in anticipo dei vertici della multiutility capitolina. Operazione che costò alla società 3 milioni di euro di buonuscita per l’allora amministratore delegato Andrea Mangoni e 2 milioni a testa per due suoi manager di fiducia. In totale sette milioni di costi a carico del bilancio della municipalizzata. Copione analogo ci fu nel 2013 quando al Campidoglio c’era il piddino Ignazio Marino che spedì a casa Paolo Gallo nominato da Alemanno. Più cauta l’ex sindaco Virginia Raggi che decise di attendere la scadenza naturale del mandato di Alberto Irace per evitare l’azienda fosse obbligata a sborsare un’indennità da 1,3 milioni. Ma non appena ce ne fu la possibilità, anche la Raggi nominò il suo manager di fiducia, Antonio Donnarumma, anche lui in forze a Milano alla A2a. Segno che se non c’è allineamento politico, non c’è poltrona che tenga. Indipendentemente dai risultati e dai piani industriali in corso d’opera. E che i cittadini se ne facciano una ragione, indipendentemente dal costo per la collettività sia in termini di buonuscite e contenziosi che di sviluppo ed efficienza dell’azienda e dei servizi all’utenza. Soprattutto quando in ballo ci sono anche i fondi del piano nazionale di ripresa e resilienza.