Banca del Fucino: i Torlonia lasciano controllo a gruppo Barents

Siglato un memorandum per un aumento capitale di 50 milioni e il consolidamento di 300 milioni di crediti inesigibili

“Mancano appena 8 anni al secolo’’, si legge nel sito della Banca del Fucino, per novant’anni posseduta e gestita da quattro generazioni della Famiglia Torlonia, una delle ultime casate insignite, grazie alle enormi ricchezze, di un titolo ducale dai Papi, e successivamente diventati anche Principi.

Tuttavia anche la più antica banca romana privata, fondata nel 1923 con il nome legato alla meritoria opera dei Torlonia nella bonifica e ristrutturazione della piana del Fucino in Abruzzo, non esce indenne alla mole di crediti inesigibili del sistema creditizio italiano. Il controllo della Banca del Fucino sta infatti per passere al gruppo internazionale di riassicurazioni Barents per far fronte alla necessaria ricapitalizzazione, prevista dalle recenti regole europee.

In una prima fase i Torlonia ricapitalizzano la banca per 30 milioni ricorrendo a risorse di famiglia, ma non basta. Dopo l’ispezione della Banca d’Italia della scorsa estate viene deciso un aumento di capitale di altri 50 milioni. Per qualche mese si cerca di tergiversare, poi, dopo la scomparsa di Don Alessandro Torlonia, che dal 1945 ha guidato con grande energia e orgoglio l’istituto, la famiglia rompe gli indugi e , valendosi dell’assistenza di Rhoschild,, accelera la scelta di un partner disposto a sottoscrivere in gran parte l’aumento di capitale.

Nei giorni scorsi l’assemblea dell’istituto di credito approva così l’accordo con il gruppo Barents, con una decina di sedi nel mondo, da Miami a Panama, in Lussemburgo, e anche a Roma, in Largo Fontanella Borghese, presso Palazzo Borghese, dove è rappresentato da Giancarlo Innocenzi Botti. Già parlamentare di Forza Italia e Sottosegretario alle Comunicazioni del governo Berlusconi (2001-2005), dopo essere stato dirigente Mediaset e poi anche Presidente di Invitalia, Innocenzi, dopo essere da tempo rimasto lontano dalla politica, si è recentemente impegnato anche per la campagna elettorale in Trentino e Alto Adige di Michaela Biancofiore, candidata di Forza Italia.

L’operazione è in corso di definizione, ma secondo alcune fonti il controllo della Banca passerà a Barents Re, anche se i Torlonia dovrebbero rimanere con una quota ancora consistente. A questo punto si aspetta di conoscere i soci del gruppo Barents. Infatti Innocenzi, intervistato lo scorso ottobre da Carlo Festa per il suo Blog ‘’The Insider’’ sul Sole24Ore, aveva sottolineato che le parti delle trattative e le Authority (si riferiva allora all’acquisto poi sfumato della banca Bim, controllta da Veneto Banca n.d.r.) erano a conoscenza di chi fossero gli azionisti di Barens, che sarebbero stati resi anche pubblici, se l’operazione fosse andata a buon fine. E ciò è quanto accade con la Banca del Fucino.

In particolare l’operazione prevede – come si legge nel comunicato della banca – la firma di un Memorandum of Understanding con un aumento di 50 milioni di euro e il consolidamento di tutto il portafoglio di 300 milioni di euro di crediti deteriorati NPE. A seguire è prevista l’aggregazione di altre realtà nel settore Private, che la banca ha sviluppato nell’ultimo triennio, soprattutto nel cosiddetto Wealth management – gestione patrimoni di alta gamma, con masse gestite nel 2016 per 845 milioni, nonché la possibile quotazione in borsa, prevista nel piano industriale quinquennale.

‘’Siamo in sintonia col management interno e con il gruppo Barents – dichiara l’attuale presidente, il trentaseienne Alessandro Poma Murialdo, nipote di Don Alessandro – e crediamo che l’ulteriore rafforzamento patrimoniale e il deconsolidamento totale degli attivi non performing permetteranno di incidere un forte accelerazione alla crescita della Banca’’.

Intanto però, con circa 32 filiali nel centro Italia, due sedi a Roma e una a Milano, secondo quanto riferisce Radiocor, sarebbe in corso in queste settimane un’ altra ispezione di Banca d’Italia, e anche il bilancio del 2017 si avvia a chiudere ancora in perdita, dopo quella di 47,5 milioni del 2016, a causa di pesanti rettifiche sui crediti deteriorati.

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