CAR, quando il pubblico funziona

In attivo da cinque anni, il Centro Agroalimentare di Roma potrebbe essere privatizzato in ossequio alla legge Madia, già pronto il bando della Regione Lazio. Il pericolo di infiltrazioni: nascerà un’Autorità di controllo sul settore?

Entro pochi mesi gli enti territoriali pubblici dell’area di Roma (Regione e Comune) dovranno decidere cosa fare del più grande centro di concentrazione, distribuzione e valorizzazione dell’ortofrutta e del pesce, il Car. Il Centro Agroalimentare Roma rappresenta in sostanza i nuovi mercati generali della Capitale dopo l’abbandono della storica ma fatiscente (e in cronica perdita) sede di via Ostiense. Costituito nel 2002 in base alla Legge 41/86 voluta dall’allora ministro  dell’Industria Pierluigi Bersani, il Centro ha avuto periodi iniziali di sforzo, ma da sei anni fornisce utili agli azionisti (nella fase di “start up” le rate del mutuo a carico abbassavano i margini): questi ultimi sono Camera di Commercio, Comune di Roma,  Regione Lazio, ma c’è anche una significativa presenza privata con tre istituti di credito (Unicredit, Bnl, Mps), e di rappresentanze di operatori commerciali e imprenditori. L’importanza di questo centro è evidente esaminando le cifre. Da qui passano l’ortofrutta e il pesce destinati ai 140 mercati di quartiere di Roma, oltre che a innumerevoli operatori privati. Il Car ha un fatturato di 17 milioni di euro, dà lavoro a 4 mila lavoratori, ed è il principale agromercato d’Italia. È anche il quarto in Europa dopo il Rungis di Parigi, il Mercasa di Madrid e il Mercabarna di Barcellona. I volumi commercializzati nel Car sono stati di circa 10 milioni di quintali lo scorso anno.

 

Un fatturato in crescita del 7,5% e un utile di oltre un milione di Euro

Come si diceva, gli azionisti possono esser contenti : per il quinto anno consecutivo il bilancio ha chiuso con un risultato positivo, (nel 2016 superiore al milione di euro prima delle imposte). Il fatturato, tra il 2014 e il 2016, è cresciuto del 7,5 per cento. Al contrario, i costi sono aumentati dello 0,9 per cento soltanto, mostrando una consapevole strategia di spending review.

Questo quadro, tutto sommato roseo, è però minacciato dalla legge Madia, di cui si attende il regolamento attuativo entro giugno, che prevede che gli enti territoriali dismettano le attività non strategiche e che non raggiungano una certa massa critica. La Regione Lazio ha già avviato un bando di gara per la vendita della propria quota: agenzie della regione stessa hanno motivato questa scelta con l’esigenza di far cassa. Il Comune di Roma, tramite l’assessore alle Partecipate, Massimo Colomban, ha annunciato una decisione fra qualche mese.

Chi prenderà il posto degli enti pubblici locali nel caso questi decidano o siano costretti a uscire? I privati, dirà qualcuno, che già oggi, peraltro, sono presenti nella compagnie azionaria: del resto, se l’azienda è in utile – il ragionamento è fin troppo ovvio – trovare un compratore non sarà un problema. Ma quando si parla di mercati generali non si dovrebbero dimenticare le lezioni della storia. Basta rivedere il film di Francesco Rosi, “La sfida”, del 1958, per andare subito con il pensiero alle mani della mafia sull’ortofrutta.

 

Il pericolo delle infiltrazioni non è solo una finzione cinematografica

Il Car è il primo centro di smistamento per la quasi totalità di derrate alimentari su  Roma, il Lazio e  l’Itala centromeridionale.  E non ci vuol molto a comprendere la delicatezza dell’equilibrio che si raggiunge ogni giorno fra il livello dei prezzi per i coltivatori, per i grossisti e per i consumatori oltre che per gli addetti ai 140 mercati rionali di Roma (io non tralascerei caserme, ospedali, ristoranti, pubblici esercizi) .  Non è un caso che oggi i prezzi del Car di Roma siano tra i più bassi d’Italia, come certificato dall’Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare), un ente pubblico che realizza servizi informativi, assicurativi e finanziari e costituisce forme di garanzia creditizia e finanziaria per le imprese agricole e le loro forme associate.

Le mafie hanno sempre tentato di influenzare il prezzo delle derrate alimentari per raggiungere i loro loschi scopi. E non si tratta soltanto del film di un tempo certo lontano da noi, come quello di Francesco Rosi citato prima. Queste cose accadono ancora oggi: a Milano, a inizio 2017 – nonostante gli arresti già effettuati nel 2007 e le pesanti condanne dell’anno successivo – è risultato da un’indagine dei carabinieri che la ‘ndrangheta sembra controllare ancora l’ortomercato di via Lombroso. Con un’unica  differenza: dieci anni fa erano le cosche Morabito-Palamara-Bruzzaniti a controllare quel mercato, oggi sono i Piromalli a effettuare questo controllo – come scrivono i carabinieri del Ros, che hanno eseguito 33 fermi tra Reggio Calabria e la Lombardia – nel mercato ortofrutticolo più grande del nord Italia. Analoghe indagini sono avvenute in tempi recenti anche a Napoli e in Sicilia. Lo stesso Car, hanno detto i magistrati della Procura di Tivoli, è una struttura “attenzionata dalle mafie”. Del resto, è già emersa al Car – nonostante i consapevoli tentativi di tenere sotto controllo questo fenomeno – un’infiltrazione per i lavori più umili da parte di abusivi ed extracomunitari: in sintesi, queste persone tagliano o scavalcano le reti e poi si propongono all’interno della struttura ai compratori come facchini a prezzi stracciati.

 

Opportuna la nascita di un’Authority

La presenza di soci pubblici, certo, non può garantire in assoluto l’impermeabilità del Car alla delinquenza organizzata, ma la privatizzazione della struttura toglierebbe a Comune, Provincia e Regione la possibilità di guardarci dentro. Comunque vada a finire il tema del controllo pubblico, e dell’argine alle mafie, è un fattore che nessun politico dovrebbe trascurare. E non è il solo elemento da tenere strettamente sotto controllo: l’altro, per certi aspetti ancora più importante, è quello della “sicurezza alimentare”: oggi al Car c’è una struttura di cinque veterinari (della Asl convenzionata) che si alternano al mercato ittico. E poi ci sono i controlli di Carabinieri, Guardia di Finanza, Istituto d’Igiene.

Inoltre il CAR svolge un terzo, importante compito: il supporto insostituibile alla produzione agricola locale con i servizi tecnici di valorizzazione dei prodotti  che danno senso e successo alla struttura).

Qualunque sia la struttura azionaria che verrà trovata in futuro, i temi della difesa dalle mafie e della sicurezza alimentare, dovranno rimanere al centro del Centro alimentare di Roma. Il direttore generale del Car,  Fabio Massimo Pallottini ha indicato una possibile soluzione: “Creare un’autorità pubblica come in Spagna con ampi poteri di controllo sul settore”. Forse, chissà, potrebbe essere la stessa Ismea a trasformarsi in authority.

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