Fabrizio Peronaci per il Corriere della Sera Roma
Retromarcia. Quel che doveva essere un modello da estendere a tutte le partecipate viene azzerato. Ama-Atac: tornano i cda. In arrivo più costi e poltrone. La notizia, che potrebbe suscitare qualche brontolio nell’elettorato a 5 stelle, ha preso a circolare da giorni ai vertici delle municipalizzate trasporti e rifiuti e viene data per certa. Entro fine aprile i due «pachidermi» da 12 mila e 8 mila addetti, tristemente famosi per gli scandali e i disservizi, andranno incontro a una complessa «riarticolazione» dei vertici. Il che, fuori dal burocratese, significa innanzitutto una cosa: al posto dell’attuale assetto, incentrato sulla figura dell’Au (Manuel Fantasia all’Atac e Antonella Giglio all’Ama) torneranno in auge i vecchi consigli d’amministrazione stile prima Repubblica, nei quali i posti verranno assegnati con il bilancino, in base alle varie anime del M5S nella capitale: tre più tre.
L’operazione, se non sarà bloccata dall’alto, lungo l’asse Grillo-Casaleggio, porterà quindi all’aumento di quattro poltrone, con i relativi appannaggi. L’ostacolo maggiore, rappresentato dal possibile contrasto con i decreti della riforma Madia, era già stato scavalcato un mese fa, quando la mannaia sugli amministratori delle società partecipate era stata resa meno acuminata dal provvedimento correttivo varato dal consiglio dei ministri: se un Comune decide di mantenere cda da 3 o 5 membri in aziende di grandi dimensioni può farlo, a patto che trasmetta la relativa motivazione alla Corte dei conti e al ministero dell’Economia.
Nel caso romano l’aggravante, agli occhi della base pentastellata, da sempre sensibile in tema di sprechi e favori, è però evidente: non si tratta di confermare poltrone esistenti ma di crearne di nuove, con un’ulteriore controindicazione. Se fino a un anno fa, sotto la gestione Ama del presidente Daniele Fortini, nominato dalla giunta Marino, i due consiglieri affiancati allo stesso Fortini erano stati scelti (a costo zero) tra i dirigenti in servizio, adesso il «socio unico» Campidoglio (nella persona dell’assessore Massimo Colomban) sarebbe orientato a incaricare consulenti esterni, ovviamente da retribuire. E pesa anche l’incognita sulla sorte dell’Au: l’avvocatessa Giglio, nominata in epoca Muraro, quando le direttrici in materia ambientale erano diverse dalle attuali, per consentire l’insediamento del nuovo cda dovrà dimettersi, con la speranza di tornare un attimo dopo in sella, in occasione dell’assemblea chiamata ad approvare il bilancio 2016. Il rischio di agguati o sgambetti esiste? E quanto è concreto?
Analogo discorso vale per l’Atac, dove con l’arrivo da Milano del nuovo direttore generale, Bruno Rota, gli equilibri sono destinati a mutare. Manuel Fantasia, cosi come specularmente la Giglio, riuscirà a tenere le posizioni e a farsi nominare presidente del cda? L’assessore Colomban, di solito poco loquace, giorni fa, al congresso della Cisl romana, aveva parlato di molti temi: dal tracollo contabile di Atac da ribaltare nel «miracolo» di un pareggio entro due anni al piano di accorpamento della galassia di 32 società «in una decina», dalla salvaguardia dei posti di lavoro alle sinergie Ama-Acea. Su un punto, però aveva sorvolato: il ritorno dei tanto vituperati cda, appunto. Neanche una parola. Il che suona come un indizio grave, se non decisivo, che il tema è caldo, se ne sta parlando, ma manca ancora la «quadra».