Centro storico: chiusi altri 100 negozi, “affitti troppo alti”

Dal 2019 a oggi sono circa 1.800 le chiusure certificate del settore abbigliamento e simili, concentrate nel I Municipio

Cento negozi in più che hanno abbassato definitivamente la saracinesca da dopo la pandemia. In tutto – scrive oggi il Tempo – sono circa 1.800 le chiusure certificate del settore abbigliamento e simili, dal 2019 a oggi, concentrate nel I Municipio.

La moria dei negozi di vicinato sembra inarrestabile, scrive il quotidiano degli Angelucci, e non risparmia vie storiche e particolarmente battute dai turisti, come via del Corso, le strade a ridosso di piazza di Spagna e del Pantheon. Gli ultimi dati sono di Confesercenti Roma e sanciscono lo stato di estrema crisi in cui si trova il comparto nonostante una leggera ripresa sotto le feste di Natale. Ma il paradosso è che, mentre nel resto della città i negozi, non solo sopravvivono, ma mostrano anche una vitalità maggiore rispetto al periodo pre pandemico, il centro, tornato a popolarsi di turisti, sembra essere diventato il territorio più ostile per chi vuole aprire un’attività di questo genere.

“Per forza – lamenta il presidente di Confesercenti Roma, Valter Giammaria – con i canoni di affitto cosi alti, mantenere un negozio è sempre più difficile. Pensi solo a via Nazionale dove per un locale di metratura media si arriva a chiedere anche 7.500 euro al mese” . I canoni di locazione nelle vie di passaggio, infatti, non accennano a diminuire neanche in assenza di domanda. “I proprietari delle mura preferiscono tenere il negozio sfitto piuttosto che affittarlo ad un canone più basso di quello che vogliono ottenere – continua Giammaria – è un problema ancestrale per Roma, di difficile soluzione”.

Intanto, le scritte “affittasi” e “cessione attività” abbondano per le vie del centro e a queste si sommano gli annunci di “liquidazione totale della mercé”, che sono ormai quasi all’ordine del giorno. Per non parlare dei turn over, ovvero cambi di attività, che rappresentano quasi il 30% del mercato. Gli ultimi dati di Tecnocasa confermano la vitalità del comparto, invece, per le zone meno centrali, laddove è possibile acquistare locali a prezzi più bassi ma soprattutto di dimensioni ampie in modo che fungano da stoccaggio perché la tendenza è sempre più quella di vendere i prodotti sulle piattaforme online e sempre meno nel negozio fisico e quindi il locale diventa un “contenitore” di materia prima più che un posto che spinga il cliente a entrare per acquistare.

E i prezzi  – conclude il quotidiano romano – rispecchiano un po’ come sempre quello che accade sul mercato, ovvero a un aumento della domanda per i negozi che si trovano nelle vie non di passaggio corrisponde per questi ultimi anche un incremento di prezzo pari a circa il 3% da un semestre all’altro dell’anno. Oltre ai negozi di abbigliamento ad abbassare le saracinesche ci sono le botteghe artigiane e le librerie del centro. Oltre a Feltrinelli e all’ultimo caso della Odradek di via dei Banchi Vecchi, ha chiuso i battenti anche Brighenti, il negozio intimo aperto in via Frattina dal 1953. Di recente, poi, la scure della crisi ha colpito Franchi, tra i più conosciuti e amati locali di alta eno-gastronomia e rosticceria di via Cola di Rienzo, attivo da quasi un secolo. A poca distanza, ma prima della pandemia, era toccato ail’alimentari dei fratelli Mattei

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