«Buona la sensibilità del ministro Di Maio. Occorre sottolineare due cose: la competizione dei player commerciali è elevata e Roma ha stili di vita e consumo da grande metropoli. In questa direzione stiamo valutando quali richieste puntuali fare al governo, ricordando sempre che lavorare la domenica non può essere come lavorare il lunedì..». Così l’assessore al Commercio del Campidoglio intervistato dal Corriere della Sera che ha intenzione di chiedere al governo di fare un’eccezione per la Capitale
«A Roma alcune aperture devono rimanere. Come minimo il food». Le chiusure domenicali dei negozi annunciate da Di Maio sono solo uno degli aspetti che Massimo Cafarotti, responsabile delle Attività produttive, sta curando. Lui è, tra le altre cose, l’ispiratore del bando rivolto ai principali operatori delle vendite online interessati a ospitare «made in Rome»: la vetrina virtuale è stata pensata con l’obiettivo di promuovere le eccellenze e le produzioni tipiche (le offerte dovranno pervenire entro il 20 settembre).
Assessore, chi ha in mente quando parla di player di primo piano per gestire la piattaforma?
«Penso ad attori in grado di garantire la massima visibilità. Da questa operazione mi aspetto un forte incremento del fatturato per gli esercenti romani».
Allude a colossi come Amazon?
«Sì, Amazon potrebbe essere uno dei candidati accanto ad altre grandi realtà».
Mentre sul web si cerca di rilanciare il tessuto produttivo della Capitale, la paccottiglia continua a invadere le piazze del centro.
«Purtroppo l’offerta commerciale è ancora di basso livello, basta vedere i souvenir. La produzione tipica romana è quasi residuale, ma confidiamo che il progetto “made in Rome” possa riaccendere il faro sulle eccellenze: non è un’iniziativa scollegata dalla strategia complessiva, ma uno stimolo a capire quanto sia premiante concentrarsi su una fascia diversa. Contiamo di migrare queste modalità sul retail e l’offline: l’attenzione alla qualità dovrà permeare anche le vetrine fisiche».
A proposito di decoro, quali risultati ha prodotto finora il Regolamento del commercio nella città storica emanato dal suo predecessore, Adriano Meloni?
«La premessa è che quando si stabiliscono nuove norme l’obiettivo a volte può essere centrato al 100 per cento, altre al 70… Questo per dire che niente è scritto sulla pietra e si può sempre correggere il tiro».
State pensando di rimettere mano al testo approvato ad aprile, dopo un lungo lavoro di negoziazione con commercianti e cittadini?
«In questi mesi abbiamo valutato gli effetti collaterali e redatto un documento nel quale sono annotate, articolo per articolo, tutte le problematiche sollevate, la maggior parte delle quali tutt’altro che peregrine, se non meritevoli di attenzione».
Dunque, ci saranno ulteriori modifiche?
«Alcuni aspetti sono più problematici, altri meno. C’è stato un laboratorio di lungo pensiero, ma quando poi lo applichi alla realtà è un altro film. Gli aggiustamenti sono fisiologici, stiamo studiando le soluzioni».
A Roma aumentano i visitatori, ma sembra prevalere ancora un turismo di massa con ridotta capacità di spesa, nonostante la domanda globale di beni e servizi di lusso sia in continua espansione.
«In realtà osserviamo una forte polarizzazione dei target. Crescono sia il low-cost sia il lusso, mentre la parte mediana si sta svuotando. Stiamo cercando di razionalizzare e mettere a fattore comune il calendario dell’offerta turistica, in modo tale che tutti gli operatori possano convogliare in un unico contenitore eventi, mostre, manifestazioni. L’obiettivo è far sì che in fase di acquisto della vacanza online il meccanismo possa essere esteso in modo quasi compulsivo».
Con quali strumenti?
«Stiamo ragionando con Zètema, l’assessorato alla Roma semplice e quello alla Cultura su un contenitore in grado di strutturare l’offerta per aree tematiche».
Sono partiti da poco i lavori del tavolo tecnico sui numeri del turismo, di cosa si occuperà?
«L’obiettivo è riunire tutti i player, da Aeroporti di Roma alla Regione Lazio fino agli operatori di telefonia mobile per i dati sul roaming estero. Vogliamo capire quali informazioni è possibile condividere, come aggregarle e con quale periodicità per creare un ambiente di sfruttamento condiviso e fare business intelligence. Siamo nell’era dei big data…».