Colosseo, il biglietto nominale non ‘ingrana’

La norma decisa dal ministero della Cultura, per cui i biglietti dal 18 ottobre vengono venduti solo con nome e cognome del visitatore, non sta andando per il verso giusto. E le sei casse non bastano a smaltire i turisti che vogliono visitare il monumento simbolo della Capitale

Continua ad infiammare la polemica sulla vendita dei biglietti nominativi al Colosseo.  Il meccanismo di vendita dei biglietti del Colosseo che dal 18 ottobre vengono venduti solo con nome e cognome del singolo visitatore, non sta andando per il verso giusto.

Nelle ultime settimane sono usciti articoli che danno voce al malcontento di varie agenzie e tour operator in merito a questo sistema. Non da ultimo se ne sono occupate anche le Iene con un servizio dal titolo “Perchè al Colosseo comandano i bagarini?”.

Appare evidente come le sei casse complessive, malgrado sia stata riaperta la storica biglietteria in largo della Salara Vecchia, non siano sufficienti a smaltire i turisti che desiderano entrare nel monumento simbolo della Capitale, tra i più visitati al mondo con i suoi oltre sette milioni di ingressi ogni anno.

Il caos è visibile a tutti e infastidisce sia le guide sia i visitatori. Eppure l’obiettivo che si era posto il ministro Gennaro Sangiuliano con il suo provvedimento era ben motivato e voleva produrre una agibilità più fluida e più corretta così da contrastare i bot e i mercati pirata. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato e la Guardia di Finanza hanno fatto emergere infatti un mercato secondario per cui i turisti non riuscivano ad acquistare, sul sito del rivenditore ufficiale CoopCulture, i biglietti per entrare al Colosseo perché i tagliandi venivano comprati in massa da rivenditori secondari.

È stata avviata dunque un’istruttoria nei confronti di CoopCulture e di Musement, GetYourGuide, Tiqets e Viator. Queste ultime quattro accusate di comprare in massa i biglietti grazie all’impiego di sistemi automatici, i cosiddetti bot, per poi rivenderli a oltre 50 euro l’uno anziché 16 euro, con la complicità del rivenditore ufficiale che non ha sorvegliato o denunciato. E infatti nei dintorni dell’Anfiteatro Flavio ci sono ancora bagarini che vendono ticket maggiorati perché acquistati prima che la norma entrasse in vigore. Basti pesare che tra sabato e domenica scorsa i carabinieri del Comando di piazza Venezia hanno individuato e multato cinque persone che non autorizzate cercavano di procacciare turisti. Questo problema, in linea teorica svanirà, ma l’incubo delle file rischia di diventare una costante del paesaggio romano.

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