Una giornata difficile e di infiniti contatti scivola verso la crisi alle cinque del pomeriggio, quando il premier Mario Draghi – che al Senato ha reso “comunicazioni fiduciarie” chiedendo alle forze politiche di ricostruire il patto di unità nazionale alla base del suo mandato – pone la fiducia su una risoluzione di Pier Ferdinando Casini dal testo stringato: “Il senato, udite le comunicazioni del presidente del Consiglio dei ministri, le approva”.
“La mia sarà una replica breve: per primo ringrazio tutti coloro che hanno sostenuto l’operato del governo con lealtà e partecipazione. Il secondo punto è un’osservazione a proposito di alcune parole che avrebbero messo addirittura in discussione la natura della nostra democrazia, come se non fosse parlamentare mentre lo è e io la rispetto e mi riconosco”. Lo ha detto il presidente del Consiglio, Mario Draghi, in sede di replica al Senato.
“Il sostegno che ho visto nel Paese”, “mi ha indotto a riproporre un patto di coalizione e sottoporlo a vostro voto, voi decidete. Niente richieste di pieni poteri”, ha continuato il premier.
“Chiedo che sia posta la fiducia sulla risoluzione presentata da senatore Casini”. In seguito alla apposizione della questione di fiducia dal parte del governo alla risoluzione Casini, la presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati ha sospeso la seduta e convocato la conferenza dei capigruppo.
Il centrodestra – come fanno trapelare Lega e Forza Italia – non la voterà, esprimendo così ostilità e delusione per i toni duri che il premier ha usato al mattino verso la Lega, che di risoluzione ne presenta una contrapposta: il M5s sia messo fuori dal perimetro della maggioranza con un nuovo governo e un nuovo programma.
Nel gioco del cerino c’è chi ancora spera che alla fine Salvini e Berlusconi, per non trovarselo alla fine in mano, non sottrarranno il loro sostegno a Draghi, rimangiandosi la richiesta di discontinuità e restituendo a Conte e ai 5s la responsabilità della crisi. Ma, nonostante il pressing del Pd per tenere uniti i pezzi del governo, senza la maggioranza ampia che ancora stamattina Draghi invocava, il premier non potrà fare altro che salire al Quirinale e dimettersi.
Nelle ultime ore si profila l’assenza del centrodestra dal voto di fiducia nell’Aula del Senato, ma la mancanza di due forze così importanti nell’equilibrio dell’unità nazionale non potrebbe essere ignorata dal premier.
In un clima di confusione estrema e disordine (si racconta di uno scontro violento tra le due azzurre Gelmini e Ronzulli) resta la possibilità di una spaccatura dei 5s, che porterebbe i voti di fiducia sulla risoluzione Casini oltre la soglia dei 170, facendo salire Draghi al Colle ancora con una maggioranza, utile a farne un governo dimissionario ma ancora nelle pienezza di poteri a camere sciolte, come ce ne sono stati nel passato. Se i numeri fossero altri, il premier potrebbe invece fermare i giochi dei partiti senza attenderne il voto e dimettersi.
Dopo il dibattito parlamentare al Senato sulla fiducia il presidente della Repubblica Sergio Mattarella avrebbe avviato delle consultazioni telefoniche sentendo i leader della maggioranza per fare il punto della situazione