Disuguaglianze: la grande minaccia per Roma

Il sindaco Raggi teme che dilaghi la criminalità. Non basta facilitare le imprese, sono necessari interventi urgenti nei quartieri più disagiati

In una recente intervista alla vigilia della seconda parte della Fase 2, il sindaco di Roma, Virginia Raggi, confessa di temere che ‘’se non interveniamo sulle fasce sociali più deboli c’è il rischio che dilaghino usura e criminalità in genere.’

La sua ricetta è un ‘’semplificare tutto’’ in modo da accelerare la ripresa delle attività dando fiducia alle imprese. ‘’Abbiamo assistito finora a una ipertrofia normativa – rileva – e la corruzione non è diminuita. Da avvocato penso che norme troppo complicate creino zone d’ombra. Servono piuttosto regole chiare e controlli ex post.’’

Non possiamo che accogliere con favore la responsabilità della quale Virginia Raggi si sente investita nonché la disponibilità, in alcuni casi già dimostrata, per aiutare in questa gravissima contingenza sia le famiglie che le imprese più colpite dalla grave crisi economica , conseguenza del lungo lockdown. Ma la sua Amministrazione, oltre ad incentivare l’attività produttiva, dovrebbe innanzitutto attivare con urgenza progetti mirati per diminuire le disuguaglianze sociali, che la pandemia ingigantisce.

Il presidente degli industriali laziali, Filippo Tortoriello, ha accolto positivamente l’annuncio della Raggi di impegnarsi per una rapida semplificazione delle procedure di assegnazione dei lavori, un po’ come è stato fatto per Genova e che ha dato risultati straordinari.

Tortoriello ha anche richiamato il progetto di ampio respiro di Unindustria sullo sviluppo di Roma, realizzato prima del Coronavirus.
Ma è probabile che quel piano pluriennale vada modificato, alla luce delle profonde trasformazioni che l’emergenza sanitaria sta apportando nella vita sociale ed economica nelle metropoli di tutto il mondo.

A Roma la crescita ‘’lassaiz faire’’, che ha caratterizzato le Amministrazioni che si sono succedute, ha finito per mettere in crisi sia la vita tanto del Centro che della periferia, al contrario di altre metropoli che hanno saputo diventare poli di attrazione, come New York, di giovani creativi dell’economia digitale, di tecnocrati della finanza e di artisti d’avanguardia, alla ricerca di scambiare idee e partecipare a cose da fare.

Ora però, dopo il Covid 19 tutte le città, come rileva l’ autorevole storico dell’arte, Salvatore Settis, sono diventate ‘’un regno sconosciuto’’. Infatti un distanziamento sociale di lunga durata, con affollamenti vietati per molto tempo, secondo Federico Rampini, corrispondente da New York di ‘’La Repubblica’’, è probabile che porti a una rivoluzione degli stili di vita, accompagnata da migrazioni, spopolamento e declino di intere aree geografiche. Tanto che Rampini arriva a chiedersi che cosa significhi vivere a New York senza folla?

Roma oggi è asfissiata da processi di gentrificazione , dalla speculazione edilizia e da una selvaggia privatizzazione di spazi pubblici. Le case popolari sono diventate nel tempo delle vere e proprie enclave di disparità di diritti, come sottolinea Salvatore Monni , docente di Economia dello sviluppo a Roma Tre.

La pandemia potrebbe suggerirci una visione ed una fruizione diversa, meno consumistica della città e del suo patrimonio culturale, unico al mondo. Ma per Monni, coautore de ‘’Le mappe della disuguaglianza’’ occorrono innanzitutto progetti mirati e specifici per contrastare i numerosi e diffusi divari socio-culturali, economici l’welfare, la salute, la casa, la scuola, la formazione fino all’occupazione.

Questi progetti, propone Monni, dovrebbero essere attuati ‘’collaborando con l’associazionismo locale, nei quartieri – Tufello, Santa Maria di Galeria, Corviale, Santa Palomba, Ostia Nord – che maggiormente subiscono i bassi livelli d’ istruzione, l’abbandono scolastico, la ridotta partecipazione al mercato del lavoro, il difficile inserimento lavorativo, l’elevata disoccupazione, l’inadeguata prevenzione sanitaria.’’

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