Il Covid sta lasciando un segno pesante sul mondo del lavoro . Nel 2020, nel Lazio, come in tutto il Centro Nord, gli occupati caleranno del 3,5%, e nel nel 2021 aumenteranno del 2,5%. Dunque, sarà perso l’1% di forza lavoro che, forse, sarà recuperato negli anni eccessivi. Lo dice l’ultimo rapporto Censis-Confcooperative “Covid, da acrobati della povertà a nuovi poveri”.
Durante i mesi di stretto lockdown, 15 italiani su 100 hanno visto ridursi il reddito del proprio nucleo familiare più del 50%, mentre altri 18 italiani su 100 hanno subito una contrazione compresa fra il 25 e il 50% del reddito, per un totale di 33 italiani su 100 con un reddito ridotto almeno di un quarto (tab. 2). Ancora più drammatica la situazione fra le persone con un’età compresa fra i 18 e i 34 anni, per le quali il peggioramento inatteso delle propria situazione economica ha riguardato 41 individui su 100 (riduzione di più del 50% per il 21,2% e fra il 25 e il 50% per il 19,5%).
In sintesi, la metà degli italiani (50,8%) ha sperimentato un’improvvisa caduta delle proprie disponibilità economiche, con punte del 60% fra i giovani, del 69,4% fra gli occupati a tempo determinato, del 78,7% fra gli imprenditori e i liberi professionisti. La percentuale fra gli occupati a tempo indeterminato ha in ogni caso raggiunto il 58,3%.
Le attese degli italiani sul proprio reddito familiare, per i prossimi dodici mesi, assumono in ogni caso una connotazione tendenzialmente negativa. Se il 49,2% prevede una sostanziale invarianza del reddito rispetto a quello precedente il Covid, il 47% considera probabile una contrazione (per il 7,0% superiore al 50%) e solo il 3,8% prevede un aumento.
Il fenomeno dei working poor: riguarda i lavoratori che, nonostante siano occupati, non riescono con la retribuzione percepita ad assicurarsi una condizione dignitosa. Se si considera la soglia retributiva di 9 euro all’ora – presa come riferimento per il salario minimo legale – la platea di lavoratori che si colloca al di sotto comprende 2,9 milioni di individui, il 12,2% del totale degli occupati. Oltre la metà, il 53,3%, è costituito da uomini, mentre il 47,4% (un milione e 395mila lavoratori) ha un’età compresa fra i 30 e i 49 anni. Fra le figure professionali prevale quella operaia (79%).
Le dimensioni del lavoro irregolare: sono più di 3,3 milioni gli occupati che prestano la propria opera in maniera irregolare. Di questi, 2,56 milioni sono nelle attività dei Servizi, mentre quasi 1 milione è riconducibile al personale domestico (tab. 7). Oltre mezzo milione di lavoratori irregolari presta la propria attività all’interno del comparto Industria e poco meno di 220mila nel settore Agricolo. Complessivamente il 74,1% svolge un’attività alle dipendenze, il restante 25,9% svolge la propria attività in forma autonoma.