Ci voleva il Covid, in Italia, per far scoprire ad economisti ed intellettuali, con incarichi di rilievo nella ‘’burocrazia’’ universitaria e imprenditoriale, che c’è una gran quantità di persone appena sopra il limite di povertà e un piccolo numero di ricchi e super ricchi. E che quindi una società così divisa non funziona.
Ma quello che sorprende, soprattutto dopo il ritardato riconoscimento di aver assecondato per decenni uno schizofrenico sviluppo, è la presunzione di sostenere che per l’uscita dalla gravissima crisi economica, dalle dimensioni ancora imprevedibili, basti affidarsi ‘’a investimenti nel capitale umano e a produzioni sostenibili’’.
Il vicepresidente di Assolombarda, il giornalista e scrittore, Antonio Calabrò ha infatti scritto il saggio ‘’Oltre la fragilità. Le scelte per costruire una nuova trama delle relazioni economiche e sociali’’, con alcune parti anticipate nella recensione di Ferruccio de Bortoli. A questo saggio il Corriere della Sera ha dedicato un’ intera pagina!
L’ottimismo di Calabrò è certamente di buon auspicio, soprattutto riguardo alla ripresa di Milano, che è stata particolarmente colpita dal Covid 19, ma rivela una certa ingenuità e semplicismo , che ci sembra condivisa anche dall’ex direttore del Corriere della Sera e del Sole24Ore.
Sia pure dimostrando grande abilità e lucidità nell’attività giornalistica, entrambi hanno una consolidata frequentazione con l’establishment politico ed economico. Quello stesso establishment che ha fatto “indirizzato” e condotto la nostra società in modo da aumentare quelle disuguaglianze, che oggi appaiono così evidenti e insidiose.
Per entrambi sembra che basti che la grande e piccola imprenditoria diventi “buona e solidale” anche se, sempre sostenuta da uno Stato-mamma, (per tornare ai vecchi tempi). In questo momento, invece, servirebbe un po’ di onestà intellettuale per descrivere e offrire all’opinione pubblica la giusta dimensione della ‘’catastrofe’’ a cui stanno andando incontro le economie occidentali. Italia compresa (se non in pool position!).
Non è soltanto in gioco la ripresa delle attività produttive.
Siamo innanzitutto difronte ad un incredibile cambiamento della domanda di beni e servizi. Non solo per la minore disponibilità economica delle famiglie, ma in gran parte per lo stop al consumismo indotto dal lockdown, e dalla continua all’emergenza sanitaria.
L’imprevedibile e gravissima emergenza sanitaria, ha generato in tutti i livelli della società la consapevolezza della inconsistenza delle fondamenta del nostro rassicurante tran-tran e dal nostro modestissimo sviluppo.
Il mix ha portato gli italiani verso una grande sfiducia nei confronti della classe dirigente e nella politica in generale.
Pertanto la cosiddetta resilienza, ossia la resistenza dalla quale nasce l’energia per rilanciarci, non può essere considerata sul piano puramente economico, ma deve tener conto dell’adeguamento dell’intero apparato produttivo alla diversa condizione del sistema sociale, stravolto dalla Pandemia, tanto più ben lungi dall’essere sconfitta.