Siamo alle ultime battute della campagna elettorale in vista del voto del 4 marzo e tutti i partiti sparano le ultime cartucce per conquistare il più ampio consenso possibile dalle urne. E’ una battaglia che si sta facendo sempre più dura, soprattutto per le piccole formazioni in lizza che, se pure inserite nelle coalizioni di centrodestra e centrosinistra, corrono il rischio di non poter conquistare seggi per la Camera e per il Senato nel sistema proporzionale portando in Parlamento solo qualche big candidato in collegi uninominali dati per sicuri alla propria parte politica.
La questione più delicata la troviamo nello schieramento del Centrosinistra, formato da Pd, Più Europa (radicali di Emma Bonino), Civica e Popolare (Beatrice Lorenzin) e Insieme (Psi, Verdi e Area Civica). Il “Rosatellum” (per quei pochi che non lo sapessero è la nuova legge elettorale che ha sostituito l'”Italicum” bocciato dalla Corte Costituzionale) contiene dei meccanismi alquanto tortuosi. Nel nostro caso, prevede che, se i voti raccolti da una lista non superano l’1 per cento non vadano assegnati, neppure alla coalizione della quale si fa parte. Se, invece, i voti superano l’1% ma non raggiungono il 3%, vanno assegnati alla coalizione. Se, infine, si supera il 3%, la lista eleggerà, in base ai voti raccolti, propri rappresentanti.
Ora, gli ultimi sondaggi elettorali danno la coalizione di centrosinistra intorno al 25-27% , con il solo Pd che, nelle intenzioni di voto, dovrebbe conquistare circa il 22% dei consensi. Più Europa, invece, si attesterebbe tra il 2 ed il 3 per cento. Un risultato, quello dei radicali, al quale il Pd guarda con sentimenti contrastanti. Da un punto di vista positivamente, se il raggiungimento del 3% avverrà per la conquista di nuovi consensi, negativamente se sarà conseguito attraverso un travaso di voti nell’ambito dei partiti della coalizione.
Diverso il caso di Civica e Popolare e Insieme. Queste due liste navigano faticosamente intorno all’1%. Basta un niente per farle precipitare al di sotto di questa soglia, il che significherebbe mandare al macero un bel numero di voti dati al centrosinistra e, quindi, un suo indebolimento nella spartizione dei seggi da attribuire (con vantaggi per il centrodestra ed il M5S).
Diversa la situazione a destra. Se si eccettua la lista “Noi con l’Italia-Udc” (che veleggia intorno al 3% con il rischio di non raggiungerlo), gli altri componenti l’alleanza non hanno problemi. Fi sta intorno al 15%, la Lega poco più sotto (intorno al 14%), Fratelli d’Italia intorno al 5%). In totale, il centrodestra viene dato intorno al 37% (senza il rischio di voti dispersi perché nessuno si trova sotto l’1%).
In questo contesto, il Pd si trova nella difficile situazione di dover fare campagna elettorale non solo per sé ma anche per “Civica e Popolare” ed “Insieme” per far loro superare l’asticella dell’1 per cento, pena la perdita di centinaia di migliaia di voti per la coalizione. Veramente un compito duro.