Elezioni Regionali: a Sinistra vale più la primazia che la vittoria 

Democratici e Cinquestelle in gara per prevalere gli uni sugli altri e nel rinfacciare la responsabilità di aver consegnato - chiavi in mano - la Pisana a Meloni ed ai suoi alleati

Dopo centrosinistra e destra-centro, anche il M5S ha scelto il suo candidato – anzi, la candidata – per la presidenza della Regione Lazio. Al nastro di partenza della corsa per la conquista della Pisana (gli elettori sono chiamati alle urne il 12 febbraio 2023 e nella mattinata del 13 febbraio ) sono allineati tre schieramenti che appoggiano rispettivamente – seguiamo l’ordine di presentazione delle candidature alla carica di “governatore” – Alessio D’Amato (Pd-Terzo Polo-parte della formazione rosso-verde), Francesco Rocca (destra-centro) e Donatella Bianchi (M5S-Coordinamento 2050).

Le opposizioni al governo Meloni hanno dunque scelto di presentarsi divise alle urne, facilitando così il compito delle forze di maggioranza che, a meno di clamorose sorprese, conquisteranno una nuova regione, governata nelle scorse legislature dal centrosinistra. Pd e cinquestelle si  addebitano a vicenda la colpa di questa separazione (sotto la guida di Nicola Zingaretti le due forze politiche erano alleate con la pentastellata Roberta Lombardi vicepresidente). Giuseppe Conte imputa la rottura ai democratici che non avrebbero accettato una candidatura condivisa ed un programma comune accettando di fatto un “diktat” di Carlo Calenda che per primo ha indicato in D’Amato, assessore alla Sanità uscente, la persona che poteva unificare le forze di centrosinistra.

Dal canto suo Enrico Letta accusa i cinquestelle di aver scelto una corsa in solitario per minare la primazia del Partito Democratico tra le forze di opposizione. Non sta certamente a noi dire chi ha ragione e chi no. Fatto sta che la destra-centro si trova ora di fronte la strada spianata per la conquista della regione Lazio e Rocca, ex presidente della Croce Rossa Italiana, può già iniziare a studiare (come detto a meno di clamorose sorprese) da governatore ed a preparare la sua squadra di assessori.

Stando così le cose, la vera competizione in programma a febbraio non sarà tra destra-centro ed opposizioni, ma tra Pd e M5S, ovvero oggetto della contesa elettorale per queste due forze politiche non sarà la presidenza regionale, ma, in un’ ottica nazionale, la primazia nel campo della sinistra, mai così variegata come adesso. E per i pentastellati, tornare ad essere la forza trainante del composito fronte delle opposizioni, è un’occasione più unica che rara.

All’appuntamento elettorale regionale (a febbraio si vota anche in Lombardia), infatti, il Partito Democratico si presenta in piena bagarre congressuale, quindi con gli occhi e l’attenzione più rivolti ai nuovi assetti del Nazareno che alle due consultazioni di inizio 2023. Il prossimo congresso del Pd riveste, non solo per i suoi iscritti, un aspetto rilevante soprattutto perché si dovrà decidere il nuovo corso della formazione politica, nata anni  fa dall’unione di Ds e Margherita, ovvero tra gli eredi del Pci e della sinistra Dc, per molti frutto di una “fusione a freddo” che ha portato ad una logica correntizia che, a lungo tempo, si è rivelata deleteria per le sorti del partito. A dimostrazione della crisi latente, nascosta per anni grazie alla lunga permanenza del Pd – direttamente o indirettamente – nell’area di governo, c’è il fatto che i segretari via via succedutisi al Nazareno, hanno dovuto gettare la spugna, chi prima e chi dopo, di fronte allo strapotere della logica correntizia.

In questo contesto, la battaglia congressuale che vede al momento quattro candidati alla segreteria – Stefano Bonaccini, Elly Schlein, Paola De Micheli e, l’ultimo arrivato, Gianni Cuperlo -, riveste per molti esponenti del Pd laziale un’importanza maggiore rispetto ad un voto regionale che appare destinato, sia per le divisioni con i pentastellati che alla luce dei risultati delle elezioni politiche dello scorso 25 settembre, a vedere una vittoria delle forze di destra-centro e del suo candidato Rocca.

Prepariamoci dunque ad assistere – da oggi fino ai giorni successivi all’elezione regionale – ad una serie di accuse reciproche tra democratici e cinquestelle. Entrambi faranno a gara nell’addebitare agli altri la responsabilità di aver consegnato – chiavi in mano – la Pisana a Meloni ed ai suoi alleati.

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