Eur, il mega-hotel calamita del degrado

Gli abitanti della zona l’hanno ribattezzato il “bidet”: si tratta di un edificio che da 10 anni è fermo e che è diventato luogo d’elezione per sbandati e senzatetto

Valeria Costantini per Il Corriere della Sera Roma

 

Gli abitanti del quartiere San Paolo lo hanno ribattezzato il «bidet» della Capitale. Un termine dispregiativo per il palazzo-scempio con cui sono costretti a convivere da quasi dieci anni. È – o meglio sarebbe – il mega-hotel con vista sulla centrale piazza dei Navigatori. Mai aperto, mai utilizzato, calamita per degrado e sbandati. L’edificio, appunto bianco e ovoidale (da qui il suo soprannome) è il regalo di una manovra urbanistica che doveva portare opere pubbliche al quadrante e invece ha lasciato sul campo solo il fatiscente albergo.

Sette piani e 180 stanze, si allunga per un intero isolato il mostro di cemento, oggi imbrattato da scritte e occupato a più riprese nel corso degli anni. È stato il frutto della convenzione stipulata nel 2004 – giunta Veltroni – tra il Comune e i big dei costruttori romani. In pole c’era la ormai fallita Acquamarcia di Francesco Bellavista Caltagirone (che di opere mai fatte conta anche il maxiporto di Fiumicino), poi la Confcommercio Immobiliare e la Ulisse Igliosi, poi sostituita dalla holding di Barbara Mezzaroma.

Erano previste sedici opere di pubblica utilità da 21 milioni di euro, asili, aree verdi e il sottopasso sulla vicina Cristoforo Colombo: la beffa è che da quella convenzione è emerso solo un edificio dichiarato inagibile dalla sentenza del Consiglio di Stato, proprio per il mancato rispetto dell’accordo, e, ovviamente, l’hotel degli orrori. Lo scheletro bianco, coperto da scritte e immerso nell’incuria, è la croce del quartiere: ci sarebbe anche un sorvegliante, ma oltre all’auto in sosta la vigilanza latita.

Tanto che scoprire l’entrata utilizzata dai senzatetto è questione di pochi minuti. Un varco nella rete e il sopralluogo è servito. La hall di quello che poteva essere l’albergo di super-lusso è invasa dai rifiuti, giacigli di fortuna e resti di focolai: le scale per i piani superiori sono opportunamente sbarrate da mobili e muri.

«Il viavai di persone è continuo», confermano i negozianti di via Costantino. Saccheggiato, vandalizzato, un emblema dello spreco nella capitale dell’emergenza abitativa: già nel 2014 i Movimenti per la Casa lo occuparono per denunciarne l’inutilità. L’ex presidente dell’VIII Municipio, Andrea Catarci, per anni ha sollecitato il Campidoglio a risolvere l’impasse, chiedendo l’utilizzo dell’immobile magari con l’acquisizione a patrimonio pubblico e allegando denunce in Procura e Corte dei Conti.

Non solo infatti per facilitare l’arrivo del cemento si incrementò l’indice di edificabilità nell’area, ma a garanzia dell’adempimento degli obblighi gli imprenditori presentarono sei polizze fidejussorie milionarie. Polizze scadute e mai rinnovate, proprio come la convenzione: poi il fallimento di Acquamarcia ha affossato l’intero progetto. Soldi bloccati, contenziosi aperti e totale immobilismo.

Ora la patata bollente è nelle mani dell’assessore all’Urbanistica, Paolo Berdini, che annuncia di voler «levare quel buco nero nel cuore della città». «Entro gennaio redigeremo una nuova convenzione – spiega Berdini, dopo il vertice con i costruttori coinvolti – e sarà un protocollo a misura di ciascuno, ma finalizzato ad avere le opere pubbliche promesse».

In sintesi, il piano: contanti dal curatore fallimentare .di Caltagirone (appena venduto il patrimonio del costruttore) e cantieri dagli altri. Per resuscitare l’albergo – conclude l’assessore – le offerte alla Confcommercio non mancano, in fila anche operatori arabi. Di certo San Paolo non vede l’ora di dire addio al suo palazzo infernale.

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