Ferrovie: passeggeri abbandonati pur di far business

I recenti disservizi evidenziano che i viaggiatori vengono sacrificati per la creazione di un colosso pubblico dei trasporti. (RFI+Anas+Alitalia?)

treno e neve

 

“Scaldiglie” e “gelicidio”: di tutti i disservizi che il sistema ferroviario italiano ha denunciato in seguito alla nevicata, tra pochi giorni non ci sarà più memoria, resteranno solo nell’uso comune questi due brutti termini, esattamente come è avvenuto in occasione del disastro in Valtellina, dopo il quale i fiumi non sono più straripati, ma, più tecnicamente “esondati”.

Ora RFI, l’azienda delle Ferrovie dello Stato che gestisce la rete ferroviaria, ha promesso di installare queste scaldiglie, che evitano il congelamento degli scambi, anche in quella parte della rete dove le nevicate sono meno frequenti, un motivo in più per archiviare un episodio che, con i nuovi investimenti, non dovrebbe più ripetersi.

Rimane però la sensazione che qualcosa nel gruppo ferroviario pubblico non funzioni al meglio. Il problema, in realtà, non è quanto è avvenuto in occasione della nevicata. Ogni azienda ben gestita non fa investimenti massicci per affrontare eventi episodici o straordinari; così, come nessuno può pretendere che le autostrade siano dimensionate ai picchi di traffico dell’esodo e del rientro. Nessuno dovrebbe pretendere che le ferrovie si impegnino in un massiccio piano di investimenti per proteggere dalla neve quella parte di rete dove nevica una volta  ogni tanto.

Quello che non va bene, però è il perpetuo ritardo con cui il sistema ferroviario italiano risponde all’evoluzione dei tempi ed alle esigenze del pubblico che, ormai da molti anni, da utente è diventato cliente ed il cliente, si sa, diviene sempre più esigente. Ciò che fino a qualche anno fa era tollerabile, oggi non lo è più. Questo vale per l’aria condizionata sui treni, per la puntualità, per la comodità, per le tariffe. E vale anche per i possibili disservizi: se non è pensabile fare investimenti che consentano comunque la circolazione dei treni in certe occasioni, è necessario attrezzarsi per affrontare l’emergenza, in termini di assistenza e informazione.

Dove, insomma, le ferrovie peccano, nonostante gli innegabili sforzi fatti negli anni, è nel “customer care”, nell’aver a cuore il cliente.

È una carenza che si nota già nei servizi a più alto valore (le Frecce), ma che raggiunge livelli critici per i treni dei pendolari, nonostante gli investimenti fatti e annunciati. Le proteste e le critiche che hanno investito in questi giorni le ferrovie e la loro dirigenza hanno trovato terreno fertile proprio nell’insoddisfazione accumulata dai pendolari giorno per giorno. Una situazione aggravata dallo strabismo che sembra caratterizzare l’attuale gestione, che pare più attenta agli aspetti finanziari (la possibile quotazione in borsa di parte o di tutto il Gruppo), a quelli del conto economico (oltre 750 milioni di utile netto nel 2016) o a quelli relativi alla sua espansione (controllo dell’ANAS) che a quelli del miglioramento del servizio.
Il lungo processo di risanamento delle Ferrovie dello Stato che ha progressivamente trasformato il mastodontico moloch pubblico in un gruppo meno pesante, articolato in società secondo le diverse vocazioni, ha avuto come criterio centrale la precisa definizione del core business e il conseguente alleggerimento da tutte le attività non strettamente attinenti ad esso.

Oggi, l’impressione è che, a livello politico, stia tornando una voglia di partecipazioni statali (un esempio è ciò che  man a mano sta divenendo la Cassa Depositi e Prestiti) della quale la fusione tra Ferrovie ed ANAS è espressione. E le voci di un possibile interessamento dello stesso gruppo per Alitalia un’ulteriore segnale.

Questa operazione di riposizionamento del Gruppo probabilmente spiega le distrazioni rispetto a quelli che dovrebbero essere i compiti istituzionali,  ma chi oggi lamenta i disservizi o la scarsa attenzione ai piani di investimento, sindacati in in testa, è tra i primi a caldeggiare la nascita di un nuovo, grande gruppo integrato, come quelli di una volta.

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