Fiera di Roma, la cattedrale nel deserto

Il piano di dismissione degli asset strategici prosegue e dovrebbe portare a oltre 200 milioni di euro. Ma il debito cresce e il fatturato è destinato a calare già dal prossimo anno

Salvatore Giuffrida per La Repubblica Roma

 

Nella classifica delle “incompiute” di Roma, la nuova Fiera è ai primi posti. Inaugurata nel 2006 dal sindaco Veltroni, che aveva dato vita a un progetto da 400 milioni, la struttura di via Portuense doveva diventare il polo fieristico del Mediterraneo; ma dopo undici anni di ritardi e polemiche, rischia di essere svenduta e di lasciare sul terreno una serie di esposti alla Corte dei conti per spreco di denaro pubblico.

Il nodo della discordia dei tre soci di riferimento, Camera, Comune e Regione, è la vendita della vecchia fiera sulla Colombo: secondo i piani originali, dovrebbe servire a ripagare il mutuo da 180 milioni aperto con Unicredit per la costruzione del nuovo polo sulla Portuense, ma Camera e Regione accusano il Comune di aver tagliato le cubature edificabili dell’area riducendone il valore da 120 a 80 milioni. La soluzione individuata per trovare i soldi è vendere il patrimonio immobiliare di Fiera.

Il piano di risanamento, approvato dai soci che controllano Fiera attraverso la partecipata Investimenti, prevede la vendita dei primi 8 padiglioni, di cui 4 (A3, B6, A4, C6 ) nel 2017 e 4 nel 2018. Il ricavo previsto, secondo le stime della Prelios Valuation, è di 111 milioni. Nel 2017 sarà venduto anche l’ingresso visitatori Est per 3,7 milioni e le aree complementari per 2,6 milioni.

Nel 2 018 si raddoppia: saranno venduti altri 4 padiglioni, quasi tutto il centro direzionale per 4 milioni, la relativa area complementare per 800mila euro e infine la vecchia fiera per 85 milioni. Il ricavo totale nel biennio 2017-2018 sarà di 207,6 milioni, utili per risanare il debito e rilanciare la Fiera. Se però riesce a sopravvivere.

Il piano prevede la “riduzione delle capacità operative del polo”, ma è un eufemismo. Nonostante il congresso dei cardiologi e la Maker Faire, che hanno portato entrate per oltre 5 milioni, Fiera ha chiuso il 2016 con un deficit di quasi un milione su un fatturato di 21 milioni che sarà molto difficile ripetere. La svendita del patrimonio immobiliare taglierà molti eventi, complicando ancora di più il destino del polo di via Portuense, che non può sopravvivere con eventi minori.

Intanto il debito con la banca cresce di 22mila euro al giorno per interessi di cui nessuno ha chiesto la rinegoziazione. Non solo. Fiera, che nel 2015 ha aperto un piano con il tribunale per evitare il fallimento, ha un buco con i fornitori di 32 milioni, ridotto a 11 dal giudice. Dopo tanti rinvii, Investimenti deve garantire i soldi entro febbraio ma anche qui i tre soci sono ai ferri corti: Camera e Regione hanno votato un aumento di capitale da 13 milioni ma il Comune rimane contrario e se non metterà 3,5 milioni entro aprile, dovrà dire addio alla Fiera con evidenti conseguenze sul piano politico e amministrativo.

La partita che i tre soci stanno giocando su Fiera rischia di aprire un vaso di Pandora nefasto per la città: il Comune vuole che Fiera sia autosostenibile ma Camera, Regione e Investimenti aspettano un passo indietro sulla vecchia sede, altrimenti Camera porterà in tribunale il Campidoglio. Ma anche altre nubi giudiziarie si addensano su Fiera: alcuni creditori hanno fatto un esposto in procura e anche i quattro ex lavoratori del polo, riammessi dal tribunale a luglio e nuovamente licenziati a novembre, faranno causa a Fiera. Il tempo sta per scadere, in primavera si capirà come finirà la partita.

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