Fiera di Roma vuole diventare riferimento nel Mediterraneo

Il nuovo AD, Pietro Piccinetti, accanto alla soluzione dei problemi finanziari, prosegue nella esecuzione del piano industriale. Accordi con il Marocco e i cinesi

Il successo di Romics ha fatto per un attimo dimenticare la dura realtà. Ma 200 mila visitatori nella Capitale per la recente mostra del fumetto non basteranno purtroppo a risollevare le sorti della Fiera di Roma. Probabilmente non ci riuscirebbero neanche i Magnifici Cinque che dovrebbero scontrarsi con le potenti forze contrarie al rilancio della Fiera: a partire da una pubblica amministrazione farraginosa, per arrivare alla gestione dei debiti contratti dalla controllante Investimenti Spa con Unicredit e alle istanze dei cittadini. Davvero troppo per qualsiasi supereroe. I guai della Fiera di Roma sono davvero tanti e vengono da lontano.

Tutto inizia nel 1998 quando la giunta di Francesco Rutelli decide di spostare la Fiera di Roma. A poco più di 40 anni dalla sua inaugurazione, l’amministrazione capitolina ritiene sia meglio far traslocare gli spazi espositivi su un terreno di proprietà della famiglia Toti.  Nasce così il progetto della Nuova Fiera di Roma sulla direttrice Roma-Aeroporto di Fiumicino, con l’ambizione di quadruplicare il fatturato (da 10 a 40 milioni annui) con 22 padiglioni nuovi di zecca.

Nel 2007 il progetto diventa realtà: la nuova sede viene inaugurata sulla via Portuense, grazie ad un progetto sostenuto dalla Investimenti Spa, società controllata da Camera di Commercio, Comune e Regione. Alla stessa società fanno capo anche i vecchi spazi espositivi sulla Cristoforo Colombo. Lì si prevede di far cassa con la riqualificazione urbana, che deve portare nelle casse della Investimenti Spa più di 200 milioni, pari alla cifra prestata da Unicredit per finanziare il progetto dei nuovi spazi espositivi.

 

Lo scoglio della riqualificazione urbana della vecchia Fiera

E qui iniziano i guai. Le amministrazioni che si susseguono in Campidoglio tardano ad approvare la variante urbanistica necessaria a dare il via al progetto di rilancio. Le ipotesi di cubature sono cambiate ad ogni amministrazione, senza che venga mai approvato un progetto definitivo. Intanto i debiti continuano a maturare interessi, il fatturato della Fiera scivola inesorabilmente e il mattone inizia un lento e progressivo declino, che rende sempre meno appetibile il piano di riqualificazione urbana degli spazi della Vecchia Fiera.

Fra mille difficoltà, a metà del 2015, l’ex ad, Mauro Mannocchi, tenta di cedere il gruppo ai belgi della Photonike Capital, che non solo sono disposti ad acquistare la Fiera, ma anche ad accollarsi tutti i debiti. Ma la Investimenti Spa si oppone fermamente, perché una Capitale non può restare senza spazi espositivi. I soci però si guardano bene dal trovare un’alternativa ai mali della Fiera che intanto vede scivolare il fatturato a 21,7 milioni nel 2014 contro i 36 milioni del 2010.

In compenso a luglio 2015, dopo otto anni di tira e molla, arriva l’ok del Comune di Roma alla variante per la riqualificazione dell’area della vecchia Fiera di via Colombo. La decisione del Campidoglio, che prevede l’edificabilità di 75mila metri quadrati, è la svolta che si attende da tempo per rendere l’area d’interesse dei privati per un rilevante progetto di riqualificazione urbana. Secondo la giunta dell’allora sindaco Ignazio Marino, l’operazione vale almeno 300 milioni di euro, una cifra più che sufficiente a sanare i debiti della Fiera. Ma alla fine, tutti i buoni propositi restano sulla carta e il cambio al Campidoglio cambia di nuovo le carte in tavola.

 

Il nuovo taglio alle cubature: una storia tutta da scrivere

L’estate scorsa per la Fiera e Investimenti Spa arriva il colpo di grazia da parte dell’amministrazione Raggi: l’ormai ex assessore, l’urbanista Paolo Berdini, decide di tagliare le cubature: i metri quadrati scendono a 44 mila “per tutelare la città” come spiega Berdini. Ma per la Investimenti Spa, la sforbiciata è davvero troppo e mette a rischio il piano di risanamento con cui si dovranno pagare i debiti. In queste condizioni “diventerebbe davvero difficile evitare il fallimento della Investimenti Spa – ha spiegato in una nota l’assessore alle attività produttive della Regione Lazio, Guido Fabiani, evidenziando che ne deriverebbe “un oggettivo danno patrimoniale per i soci pubblici che detengono le quote di partecipazione” della Fiera. Una storia, insomma, ancora tutta da scrivere.

Secondo Pietro Piccinetti, che dallo scorso anno guida la Nuova Fiera come AD unico, la riduzione delle cubature rende difficilissima la vendita, ma fortunatamente – fa notare – la delibera è nelle mani del prefetto. Piccinetti confida comunque nel buon esito del piano industriale che dovrebbe sviluppare la internazionalizzazione della Fiera di Roma, portandola a diventare punto di riferimento delle Fiere del Mediteerraneo. Con la Fiera del Marocco ha già chiuso una joint venture. In Italia si è invece accordata con la Fiera di Padova per gli allestimenti di Fiere da Firenze in giù. Infine di grande prestigio l’intesa con gli enti fieristici di Pechino per una serie di eventi dedicati alla Via della seta.

Il nuovo AD ha convinto anche l’Assessore alle Partecipate, Massimo Colomban, che, sia pure confermando la graduale uscita del Comune dall’azionariato della controllante Investimenti Spa, si è detto convinto del valore strategico e delle possibilità di sviluppo della Nuova Fiera, che può avere una importante ricaduta sull’indotto della capitale.

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